Punto 1) O.d.g – Conferenza Unificata
Il disegno di legge in esame contiene prevalentemente deleghe al Governo per l’emanazione di decreti legislativi finalizzati ad innovare la pubblica amministrazione attraverso la riorganizzazione dell’amministrazione statale, la riforma della dirigenza, la definizione del perimetro pubblico, la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e la semplificazione delle norme e delle procedure amministrative. Le disposizioni che, al contrario, non contengono specifiche deleghe, ma hanno segnatamente l’obiettivo di accelerare lo svolgimento delle procedure amministrative e di limitare il ricorso a “ravvedimenti” da parte delle amministrazioni procedenti, intervengono sulla disciplina relativa al silenzio-assenso e all’autotutela amministrativa.
Complessivamente, gli oggetti trattati sembrano riconducibili ad ambiti di competenza legislativa statale, esclusiva (si vedano in particolare gli artt. 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9) o concorrente (si vedano in particolare gli artt. 6, 10, 13, 14, 15). Non di meno le disposizioni previste, che hanno in larga parte come destinatarie le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001, incidono sull’organizzazione e le modalità di svolgimento delle relative attività.
Gli interventi normativi proposti sul lavoro pubblico richiedono una attenta analisi non solo sotto il profilo strettamente giuridico ma, e soprattutto, al fine di valutarne gli effetti concreti di miglioramento della funzionalità e dell’efficienza della pubblica amministrazione.
La predisposizione di un organico progetto di riforma della dirigenza pubblica e più in generale del lavoro pubblico, è stata condivisa dalle Regioni nella fase di elaborazione dell’
Accordo Italia semplice nei suoi obiettivi generali legati alla necessità di realizzare il “sistema della pubblica amministrazione”, in grado di abbattere gli steccati esistenti fra i singoli “compartimenti” e figli di una visione rigida e spezzata dell’agire pubblico.
Una riforma basata su principi generali, chiari ed omogenei per tutta la PA, e regolata in modo armonico dalla legislazione statale, dalla contrattazione collettiva e, per gli ambiti di competenza, dalla normativa regionale, integrata dai rispettivi strumenti di regolamentazione organizzativa propri dei livelli di autonomia costituzionalmente riconosciuti, risulterebbe un approccio nuovo, certamente semplificato e facilmente condivisibile nei diversi ambiti in cui dovrà essere attuata.
Tuttavia, il disegno di legge - che contiene aspetti di significativa violazione delle competenze costituzionalmente riconosciute alle Regioni - non corrisponde ai condivisi obiettivi fissati dal Protocollo “Italia semplice”. Aspetti che, se sottovalutati o non adeguatamente trattati, rischiano da un lato di inficiare nella loro fattibilità gli obiettivi di riforma e dall’altro di ingenerare ulteriore confusione e incertezza nel sistema pubblico con un conseguente aumento della burocratizzazione e del formalismo a scapito dell’efficienza e dell’efficacia.
Per queste ragioni, le Regioni non possono condividere il progetto di riforma che necessita di modifiche sostanziali nei principali punti relativi alla dirigenza ed in particolare agli aspetti del reclutamento, del conferimento degli incarichi, del ruolo unico della dirigenza e del sistema informativo a questo connesso.
In particolare, rilevando l’assoluta necessità di proseguire nel confronto tecnico e politico sul disegno di legge, anche in relazione al dibattitto che sta maturando in seno alla Commissione Affari costituzionali del Senato della Repubblica, le Regioni ritengono essenziale, che già in questa fase, sia modificato il testo del disegno di legge nei seguenti punti:
1. Previsione di una norma che, ferma restando la condivisione di fasi unificate e condivise per le procedure concorsuali, garantisca la specifica autonomia delle Regioni nei casi di specifiche e urgenti esigenze nel reclutamento e nel conferimento degli incarichi dirigenziali;
2. Inserimento di una specifica clausola di esclusione per il conferimento degli incarichi di posizione apicale (direttori generali) in quanto chiamati in via principale all’attuazione degli indirizzi degli organi politici;
3. Forte semplificazione del ruolo della Commissione nazionale, non prevedendo il suo intervento nelle procedure di affidamento/valutazione degli incarichi. La Commissione potrà certamente agire come sede di elaborazione e condivisione dei principi generali per l’affidamento degli incarichi dirigenziali per tutti gli enti della Repubblica, anche procedendo al monitoraggio e alla creazione di una banca dati nazionale, ma non dovrà esprimere pareri vincolanti né concedere autorizzazioni. In questo modo non solo si vanificherebbe completamente l’autonomia degli enti regionali ma soprattutto si perderebbe in funzionalità.
Nel documento sono previsti una serie di emendamenti al DDL 1577 di riorganizzazione della PA, tra i quali anche quello interamente sostitutivo dell'art. 10 sulla dirigenza pubblica.
Questo è quanto prevede il testo dell'art. 10 proposto dalla Conferenza delle Regioni, con specifico riferimento ai Segretari comunali.
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi generali:
a) istituzione del sistema della dirigenza pubblica attraverso la predisposizione di un albo unico articolato in sezioni con riferimento rispettivamente alla dirigenza statale, alla dirigenza regionale, alla dirigenza degli enti locali ed ai segretari comunali e provinciali, i cui criteri di predisposizione e gestione sono definiti dal Dipartimento della funzione pubblica previa intesa in Conferenza Unificata; gestione operativa dell'albo unico da parte del Dipartimento della funzione pubblica.