Con la recente deliberazione n. 300 del 13 novembre 2014 la Corte dei Conti, Sez. di Controllo per la Lombardia ha risposto a tre quesiti posti dalla Provincia di Mantova in ordine alla disciplina transitoria dell'incentivo per la progettazione a seguito dell'entrata in vigore del DL 90/2014. I dubbi interpretativi nascono dal fatto che il nuovo provvedimento legislativo non contiene alcuna precisa disposizione in merito, a differenza di quanto comminato per i diritti di rogito dei segretari comunali e provinciali e per i compensi professionali degli avvocati interni.
Questi i quesiti posti dall'ente:
i) come si attuino, con riferimento a opere e lavori pubblici che alla data di entrata in vigore delle sopra citate disposizioni siano in corso di realizzazione (in fase di progettazione o già aggiudicate) e, in generale, alle attività tecniche già concluse o ancora in corso prima di tale data ma non ancora liquidate, le norme che prevedono la costituzione di un "fondo per la progettazione e l'innovazione" (nuovo comma 7 bis dell'art. 93 del codice) a cui ogni amministrazione deve fare confluire le risorse finanziarie da destinare, per l'80%, a remunerare l'attività di progettazione, e per il restante 20%, all'innovazione (nuovi commi 7 ter e 7 quater);
ii) se sia possibile, stante il disposto del nuovo comma 7 ter, ultimo periodo, corrispondere ancora ai dirigenti l'incentivo inerente ad attività di progettazione e direzione lavori, concluse o ancora in corso alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni ed eventualmente in base a quali criteri;
iii) se il limite degli incentivi che possono essere corrisposti nel corso dell'anno al singolo dipendente, pari al 50% del rispettivo trattamento economico complessivo annuo lordo, operi anche con riferimento a prestazioni, sia concluse che in corso, rese anteriormente alla vigenza delle norme sopravvenute ma non
liquidate.
A tali quesiti ha risposto la sezione lombarda della Corte dei Conti, dopo aver richiamato la
deliberazione della Sez. Emilia Romagna, del 19 settembre 2014, n. 183, secondo cui, fino all’entrata in vigore della L. 11 agosto 2014, n. 114, n. 90, possono trovare applicazione le previgenti disposizioni (la novella costituisce disposizione non applicabile retroattivamente, non essendo norma di interpretazione autentica).
"Punto essenziale, e pregiudiziale alla risoluzione di tutti e tre i quesiti, è invece la questione della cesura applicativa tra la vecchia e la nuova normativa; vale a dire, in sintesi, se essa trovi applicazione con riferimento alle sole attività successive o anche a quelle precedenti, ma non remunerate all’atto dell’entrata in vigore del decreto.
Come noto, in ambito dottrinario e giurisprudenziale due orientamenti si dividono il campo: la teoria dei c.d. “diritti quesiti”, secondo cui, al fine di connotare come non retroattiva una disposizione, elemento essenziale è il dato che non intacchi situazioni giuridiche già maturate; e quella del c.d. “fatto compiuto”, secondo cui, fatta salva l’eventuale illegittimità dell’atto normativo per lesione dell’affidamento, l’utilità può considerarsi intangibile solo dopo che sia stata acquisita dal soggetto interessato.
Al di là di tale considerazione di carattere generale, tuttavia, è possibile ricavare una soluzione interpretativa al quesito posto dalla deliberazione della Sez. autonomie, 8 maggio 2009, 7/SEZAUT/2009/QMIG, che, affrontando altra precedente riformulazione dell’incentivo di cui all’art. 92, comma 5, del codice dei contratti pubblici (in relazione alla riduzione introdotta dall’art. 18, comma 4 sexies, del d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla l. 28 gennaio 2009, n. 2, che ha novellato l’art. 61 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla l. 6 agosto 2008, n. 133, con un comma 7 bis) ha precisato che “dal compimento dell’attività nasce il diritto al compenso, intangibile dalle disposizioni riduttive, che non hanno alcuna efficacia retroattiva. Né rileva, in contrario avviso, che alla rigorosa applicazione del criterio della spettanza dell’incentivo nella misura vigente all’atto del compimento della specifica attività, possa conseguire una differente consistenza del beneficio in ordine alla stessa opera per la quale è stanziata la somma da ripartire, a seconda se la stessa attività sia stata compiuta prima o dopo il 31.12.2008. Ciò perché, ai fini della nascita del diritto quello che rileva è il compimento effettivo dell’attività; dovendosi, anzi, tenere conto, per questo specifico aspetto, che per le prestazioni di durata, cioè quelle che non si esauriscono in una puntuale attività, ma si svolgono lungo un certo arco di tempo, dovrà considerarsi la frazione temporale di attività compiuta”: con la conseguenza che “il “quantum” del diritto al beneficio, quale spettante sulla base della somma da ripartire nella misura vigente al momento in cui questo è sorto, ossia al compimento delle attività incentivate, non possa essere modificato per effetto di norme che riducano per il tempo successivo l’entità della somma da ripartire". A diverse conclusioni deve invece addivenirsi con riferimento al terzo quesito, in considerazione del dato che la norma effettua un chiaro riferimento al momento della corresponsione e che non condiziona la possibilità di erogare l’incentivo, ma si limita a determinarne (per relationem rispetto al trattamento economico fruito) l’ammontare massimo.
In conclusione, l’ente, rimanendo per il resto libero nell’esercizio della propria attività discrezionale, nel periodo transitorio dovrà fare riferimento, quanto ai presupposti e ai beneficiari dell’incentivo, alla previgente disciplina mentre, per quel che concerne l’ammontare complessivo delle risorse destinabili al singolo beneficiario, al limite inderogabile fissato dalla norma con riferimento al trattamento economico spettante al momento dell’erogazione ”.