«La Pubblica amministrazione è il vero problema italiano», ha detto Romano Prodi parlando a Milano il 26 ottobre scorso. Essa «ci sta isolando dal mondo — ha aggiunto — a causa dell’incapacità di prendere decisioni nei tempi dovuti». Ma che cosa la rallenta o la paralizza? La prima causa è esterna, e sta nella esondazione del Parlamento, che amministra per legge. Ho letto la proposta di legge del bilancio 2018: entra in dettagli tanto minuti da impedire ogni movimento all’amministrazione. È la sfiducia nell’amministrazione che suggerisce questa iper-regolazione asfissiante. Ma quest’ultima finisce per bloccare l’amministrazione. Il rimedio è peggiore del male. La sfiducia nella burocrazia ha dettato, vent’anni fa, anche un altro correttivo, il cosiddetto «spoils system». Grazie ad esso, i governi nazionali e locali la fanno da padroni, nominando, promuovendo, sostituendo, non solo i vertici amministrativi. Un altro rimedio peggiore del male. Poi, all’interno, le amministrazioni debbono fare i conti con i controllori, la Corte dei conti e l’Autorità anticorruzione. Questi, invece di giudicare risultati, valutano spesso la legittimità di singoli atti. Molte delle norme che li riguardano sono dettate dalla cultura del sospetto, mirano alla prevenzione, mentre prima condizione di un governo libero è la repressione, non la prevenzione, una conclusione sulla quale concordarono i nostri «padri fondatori» Ricasoli, Farini e Zanardelli.