La giurisprudenza “ha riconosciuto che è legittima la revoca del Presidente del consiglio comunale nel caso in cui sia comprovata una perdita di neutralità politica (in termini Cons. Stato, V, 26 novembre 2013, n. 5605), necessariamente basata sull’assenza di coinvolgimenti, anche indiretti, in vicende che destano allarme sociale, specie in una dimensione di comunità territoriale non aliena dal rischio di potenziali fenomeni di infiltrazione mafiosa”. Sulla base di ciò, il collegio ha ritenuto che tra i motivi “istituzionali” che legittimano la revoca del Presidente del consiglio comunale non possa che essere ricompresa anche la salvaguardia dell’immagine esterna dell’Amministrazione, pregiudicata dalle notizie riguardanti l’impresa appartenente ai congiunti del Presidente del consiglio comunale: “nell’attuale contesto storico è arduo ritenere che un evento del genere sia indifferente sotto il profilo dell’opportunità istituzionale, cioè inidoneo a coinvolgere (si intende, momentaneamente, rebus sic stantibus) il Presidente del consiglio comunale, pur non essendo questi interessato dall’interdittiva, e non risultando socio della società che ne è stata destinataria”.