Le Pubbliche Amministrazioni possono richiedere anche prestazioni a titolo gratuito, non ostando a tale possibilità né la previsione di cui all’art 36 della Costituzione, che tutela la proporzionalità e l’adeguatezza della retribuzione in modo da garantire al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa, disciplina l’equa retribuzione della prestazione lavorativa, né l’ art. 13-bis, comma 3, legge n. 247/2012 (inserito dall’art 19-quaterdecies del d.l. n. 148/ 2017) che impone l’obbligo anche per le Pubbliche Amministrazioni di garantire il principio dell’equo compenso in relazione alle prestazioni rese da professionisti in esecuzione di incarichi conferiti. Tali disposizioni sono costruite intorno al presupposto di fatto che il lavoratore o il professionista prestino un’attività lavorativa che è (o che deve essere) necessariamente retribuita, ma non escludono l’ammissibilità di prestazioni gratuite o liberali. La gratuità delle prestazioni è però legittima soltanto se previamente sia previsto “un meccanismo procedimentale che dia idonee garanzie circa il fatto che la concreta azione amministrativa sia ispirata a criteri, canoni e regole di assoluta imparzialità nella selezione e nella scelta dei professionisti, di modo che in questo ‘nuovo mercato’ delle libere professioni nessuno abbia ad avvantaggiarsi a discapito di altri”.
E' questo il principio di diritto contenuto nella sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 7442 del 9 novembre 2021.
In argomento si veda l'articolo Prestazioni professionali gratuite e PA: per il CdS sono lecite ma a determinate condizioni.
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