Il Senato ha approvato il 10 novembre in prima lettura il DDL di conversione del D.L. 127/2021. Nel provvedimento di conversione, all'art. 1, comma 5 del decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: "Al fine di semplificare e razionalizzare le verifiche di cui al presente comma, i lavoratori possono richiedere di consegnare al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde COVID-19. I lavoratori che consegnano la predetta certificazione, per tutta la durata della relativa validità, sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro".
Si tratta di un emendamento approvati in sede referente, che si propongono - con l'integrazione, rispettivamente, del testo del comma 1, capoverso 5, dell'articolo 1 e del comma 1, capoverso 5, dell'articolo 3 del presente D.L. n. 127 - di prevedere che i lavoratori, pubblici e privati, possano richiedere di consegnare al proprio datore copia della certificazione verde COVID19, con conseguente esonero dai controlli per tutta la durata della validità.
Sul punto è intervenuto il Garante della Privacy con una segnalazione al Parlamento in cui si rilevano diverse criticità nella modifica normativa ipotizzata e contenuta nel testo approvato in prima lettura.
In particolare, si legge nella segnalazione che "La previsione introdotta presenta talune criticità, sulle quali è auspicabile un approfondimento ulteriore, anche in vista dell’esame del provvedimento in seconda lettura. In primo luogo, la prevista esenzione dai controlli -in costanza di validità della certificazione verde- rischia di determinare la sostanziale elusione delle finalità di sanità pubblica complessivamente sottese al sistema del “green pass”. Esso è, infatti, efficace a fini epidemiologici nella misura in cui il certificato sia soggetto a verifiche periodiche sulla sua persistente validità; ciò che è reso possibile dal costante aggiornamento, mediante la piattaforma nazionale DGC, dei certificati in base alle risultanze diagnostiche eventualmente sopravvenute. L’assenza di verifiche durante il periodo di validità del certificato non consentirebbe, di contro, di rilevare l’eventuale condizione di positività sopravvenuta in capo all’intestatario del certificato, in contrasto, peraltro, con il principio di esattezza cui deve informarsi il trattamento dei dati personali (art. 5, par.1, lett. d) Reg. Ue 2016/679). La dinamicità e potenziale variabilità della condizione sanitaria del soggetto è, dunque, difficilmente “cristallizzabile” in una presunzione di validità della certificazione, insensibile a ogni eventuale circostanza sopravvenuta ed esige, di contro, un costante aggiornamento con corrispondenti verifiche. La nuova previsione, nella misura in cui rischia di precludere la piena realizzazione delle esigenze sanitarie sottese al sistema del green pass, rende quindi anche il trattamento dei relativi dati non del tutto proporzionato (perché non pienamente funzionale rispetto) alle finalità perseguite".
Qui il link alla segnalazione integrale.
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