No War - Palazzo Savelli sede del Comune di Rocca Priora (Roma)

No War - Palazzo Savelli sede del Comune di Rocca Priora (Roma)
No War - Palazzo Savelli sede del Comune di Rocca Priora (Roma)

sabato 8 ottobre 2016

L'UNSCP sulla riforma della dirigenza (2): lo schema di decreto delegato contrasta con la legge delega - Dai ruoli agli elenchi di dirigenti

< Precedente

In primo luogo, nel documento si effettua una Valutazione generale sulle differenze fra la Delega e lo schema di DecretoL’Unione Nazionale Segretari Comunali e Provinciali, preliminarmente, ricorda che non ha condiviso e ritiene tuttora errata la scelta, adottata a monte con la legge delega, di sopprimere la figura del Segretario Comunale e Provinciale. Non l’abolizione ma una riforma dell’Albo dei Segretari, una sua maggiore flessibilità per arricchirlo delle migliori professionalità espresse dalla dirigenza, unitamente ad un rafforzamento della funzione di direzione complessiva già propria del Segretario, sarebbe stato un modo più efficace di dotare il sistema delle Autonomie di una dirigenza apicale fortemente capace e professionalizzata. 
L’Unione dei Segretari, tuttavia, di fronte alla irrevocabilità della scelta di abolire e superare la figura, non si è fermata a sterili proteste, e ha deciso di spendere, con onestà intellettuale e senso delle Istituzioni, ogni propria energia per fornire proposte utili affinché il nuovo modello dei tre Ruolo Nazionali della Dirigenza e la previsione della nuova figura del Dirigente Apicale potessero delineare un sistema capace di offrire agli Enti una Dirigenza autorevole, capace, accettando la sfida di una competizione professionale nell’ambito dei Ruoli stessi al cui interno venga ricompresa, ma anche valorizzata, la professionalità dei Segretari.
Dopo una attenta lettura dello schema di Decreto Delegato attuativo della Legge Delega, l’Unione rileva con sorpresa che lo stesso concretizza una disciplina della Dirigenza Pubblica fortemente diversa da quella prefigurata dalla Legge Delega.


L’impianto della Legge Delega, infatti, lasciava presagire un Sistema Nazionale di gestione della Dirigenza, articolato mediante i tre Ruoli, i quali anche proprio per la loro denominazione (“Ruoli”, appunto) parevano dover divenire il punto di riferimento per la gestione complessiva dei Dirigenti ivi iscritti. Tanto che vi era chi, giustamente, aveva rilevato come la Riforma Madia se da un lato cancellava l’autonomo Albo dei Segretari dall’altro sostanzialmente mutuava proprio il modello Albo dei Segretari come nuovo modello applicabile all’intera Dirigenza Pubblica. 
Nel Decreto proposto dal Consiglio dei Ministri, invece, i tre Ruoli si sostanziano in meri elenchi dei Dirigenti in servizio raggruppati e catalogati per tipologia di Amministrazione di riferimento. Non è previsto infatti un datore di lavoro nazionale, né un sistema nazionale di gestione del rapporto di lavoro. Al contrario, il rapporto di lavoro di ciascun dirigente resta incardinato con la singola Amministrazione dalla quale è stato assunto o nella quale presta servizio. Ulteriore cartina di tornasole del sostanziale svuotamento della funzione dei Ruoli è la questione di a quale soggetto faccia carico economicamente il trattamento economico del dirigente privo di incarico, questione risolta in modo sorprendente dallo schema di Decreto.
La riforma si sostanzia quindi, di fatto, esclusivamente nel creare un elenco dei dirigenti in servizio, e nel consentire la mobilità dei dirigenti fra le varie Amministrazioni di appartenenza (in realtà questa libertà di mobilità era già prevista dai Contratti Collettivi dei dirigenti, ed anzi è maggiormente condizionata dalla possibilità per l’Amministrazione di porre un vincolo di permanenza nell’incarico di tre anni).

Si dirà: il sistema è nazionale perché ogni dirigente di ciascun Ruolo può ambire ad incarichi anche di Amministrazioni diverse da quelle del proprio singolo Ruolo di riferimento. Vero, ma questo non è affiancato da alcuna governance effettiva dei Ruoli e della Dirigenza che li ricomprende: non vi è governance dei percorsi di carriera, né della formazione, né dei percorsi di accrescimento professionale o di specializzazione. Non si ha, cioè, un sistema complessivo che sia capace di orientare lo sviluppo e l’evoluzione della Dirigenza Pubblica verso quei traguardi di maggiore e più moderna competenza professionale che erano alla base degli intendimenti del Governo e del Parlamento. Al contrario, finita la fase iniziale del reclutamento - questa sì centralizzata, ma forse con lo scopo preponderante di controllare la spesa e i fabbisogni assunzionali - la Dirigenza è poi abbandonata a se stessa, senza che vi sia appunto una governance che assicuri che poi queste migliaia di singoli dirigenti sappiano diventare, nel loro insieme, la nuova e più moderna Classe Dirigente Pubblica di cui tanto si declama il bisogno.

Nessun commento:

Posta un commento