In un'interessante sentenza emessa dalla Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale della Basilicata, viene affrontato il tema dell'eventuale responsabilità contabile per l'attribuzione della posizione organizzativa ad un dipendente di categoria C la posizione organizzativa, pur in presenza all’interno dell’ente, ma in altri settori, di dipendenti di categoria D con profili professionali differenti.
La Corte dei conti ha escluso la sussistenza della responsabilità sulla base del percorso motivazionale che può essere ricostruito nei termini che seguono.
L’articolo 109 comma 2 del TUEL dispone che: “…nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale le funzioni di cui all’articolo 107, comma 23, fatta salva l’applicazione dell’articolo 97, comma 4 lettera d, possono essere attribuite a seguito di provvedimento motivato del sindaco, ai responsabili degli uffici o di servizi, indipendentemente dalla loro qualifica funzionale, anche in deroga a ogni diversa disposizione…”.
Non ricorre ipotesi di responsabilità contabile nel caso in cui il Sindaco abbia attribuito ad un dipendente di categoria C la posizione organizzativa, pur in presenza all’interno dell’ente, ma in altri settori, di dipendenti di categoria D con profili professionali differenti, ciò anche in presenza di pareri dell’ARAN e del Ministero dell’interno che si erano espressi in senso contrario. Infatti, gli orientamenti dell’ARAN non possono avere una qualificazione nomofilattica, considerato che l’agenzia rappresenta solo una delle parti deputata a stipulare i contratti collettivi; allo stesso modo gli eventuali pareri a carattere generale riconducibili alle amministrazioni centrali dello Stato (ad esempio i pareri del Ministero dell’Interno) non hanno valore cogente e tantomeno lo posseggono i pareri espressi dagli enti regionali.
L’assenza di responsabilità contabile è da rapportarsi tanto allo stato di necessità dovuto dalle limitazioni assunzionali ed a situazioni contingenti, quanto alle difficoltà interpretative nell’applicazione della normativa vigente. È pacifico in giurisprudenza che l’illegittimità di un provvedimento non equivalga ad illiceità amministrativo contabile dello stesso, segnatamente in quei casi nei quali non sia rilevabile una condizione di colpa grave nell’attività deliberativa allorquando non sia dimostrato che l’applicazione giuridica, per quanto erronea (talora anche in presenza di difficoltà obiettive di interpretazione), risulti connotata da macroscopici errori valutativi.
Nessun commento:
Posta un commento