Non è incostituzionale la disposizione del testo unico degli enti locali secondo cui il segretario comunale resta in carica per un periodo corrispondente a quello del sindaco che lo ha nominato e cessa automaticamente dall’incarico al termine del mandato di quest’ultimo. Lo ha stabilito la Corte costituzionale nella sentenza n. 23, depositata oggi (relatore Nicolò Zanon), dichiarando non fondata una questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Brescia, che dubitava del meccanismo descritto, per supposta violazione dei principi costituzionali di imparzialità e continuità dell’azione amministrativa (articolo 97 Costituzione).
I giudici costituzionali hanno messo in luce che l’evoluzione della normativa sul segretario comunale, prima e dopo l’entrata in vigore della Costituzione, è ispirata da concezioni assai diverse, alla ricerca di punti di equilibrio fra due esigenze non facilmente conciliabili: il riconoscimento dell’autonomia degli enti locali, da una parte; la necessità di garantire adeguati strumenti di controllo della loro attività, dall'altra. Anche attualmente, lo statuto burocratico e funzionale che caratterizza il segretario comunale è segnato da aspetti in apparenza dissonanti. Da un lato egli è funzionario statale assunto per concorso, ma dall’altro è preposto allo svolgimento effettivo delle sue funzioni attraverso una nomina relativamente discrezionale del sindaco. Non può essere revocato liberamente durante il mandato (salvo che per violazione dei doveri d’ufficio) ma è, appunto, destinato a cessare automaticamente dalle proprie funzioni al mutare del sindaco (salvo conferma), eppure anche in questo caso è garantito nella stabilità del suo status giuridico ed economico e del suo rapporto d’ufficio, rimanendo iscritto all’albo nazionale dei segretari comunali dopo la mancata conferma e restando perciò a disposizione per successivi incarichi presso altri comuni. Il segretario comunale, spiega la sentenza, è titolare di attribuzioni multiformi: neutrali, di controllo di legalità e di certificazione, da una parte, ma, dall’altra, di gestione quasi manageriale e di supporto propositivo all’azione degli organi comunali, capaci di orientare le scelte dell’ente nella fase preliminare della definizione dell’indirizzo amministrativo di quest’ultimo. Tutte queste ragioni impediscono di applicare al segretario comunale quella giurisprudenza restrittiva che ha più volte dichiarato costituzionalmente illegittime disposizioni di leggi statali o regionali che prevedevano meccanismi di spoils system, cioè di decadenza automatica da un incarico amministrativo non apicale né fiduciario, al solo mutare dell’organo politico di riferimento.
Fonte: Corte Costituzionale.
Qui il link alla sentenza della Corte Costituzionale n. 23 del 22 febbraio 2019.
In argomento vedi anche i successivi post:
Primo commento dell’Unione alla sentenza della Consulta sullo spoils system. Confermato il ruolo apicale del Segretario;
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Primo commento dell’Unione alla sentenza della Consulta sullo spoils system. Confermato il ruolo apicale del Segretario;
A Roma si direbbe becca, incarta e porta a casa...come sempre prendiamo solo calci in bocca....
RispondiEliminaGrande sconfitta per l'intera categoria vista anche dalla corte costituzionale come fiduciaria dei politici.Prevale l'aspetto gestionale,direzionale ,di partecipazione al processo di formazione decisionale dell'ente sugli altri aspetti di garanzia,certificazione e controllo.Siamo già apicali sui generis ,rassegnatevi con le vostre teorie .
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