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giovedì 27 ottobre 2016

Comitato Nazionale dirigenti pubblici per la difesa degli articoli 97 e 98 della Costituzione: documento fortemente critico sulla riforma della dirigenza pubblica

La 1ª Commissione permanente del Senato ha continuato oggi le audizioni sullo schema di decreto riguardante la riforma della dirigenza pubblica.
Presentato nel corso delle audizioni un documento del Comitato Nazionale dirigenti pubblici per la difesa degli articoli 97 e 98 della Costituzione. Molti gli punti di interesse.
Particolarmente significative le considerazioni di carattere generale che qui si riportano: 

Lo schema di decreto legislativo in esame - frutto di un approccio totalmente unilaterale e verticistico, gravemente lesivo dei principi fondamentali di carattere sindacale, voluti dal legislatore che ha devoluto la materia alla piena competenza ed autonomia della contrattazione collettiva di lavoro - presenta, in primo luogo e come rilevato dal Consiglio di Stato con proprio parere n. 1648 del 14.10.16, numerose difformità rispetto ad alcuni rilevanti principi e criteri contenuti nella legge di delega. Lo stesso si caratterizza per violazione sia diretta che transitiva (rispetto alla difformità alla legge delega), per rilevanti profili di oggettiva incostituzionalità (articoli 1, 3, 4, 28, 35, 36, 39, 95, 96, 97, 98, 36, 39, 113, 114 e ss. della Costituzione), oltre che per evidente lesione di alcuni fondamentali principi di diritto comunitario - che, come è noto, è sovraordinato al nostro diritto interno – e dell’ordinamento giuridico nazionale (preleggi).

Superata la fase iniziale di sorpresa ed incredulità, questo Comitato ha preso atto e consapevolezza del carattere enormemente pregiudizievole del provvedimento legislativo in questione, gravemente lesivo di diritti collettivi e soggettivi conseguiti su presupposti di certezze giuridiche e di legittimi affidamenti, nonché di rilevanti diritti politici dei cittadini, connessi al diritto ad una Amministrazione e funzione pubblica imparziali ed efficienti. Si tratta di un provvedimento di impatto rivoluzionario, espropriativo di diritti di stato giuridico e del diritto alla funzione, che determina una condizione di destrutturazione, precarizzazione ed asservimento senza precedenti della dirigenza pubblica, limitandone fortemente la possibilità di assumere e far valere verso chiunque posizioni di legittimità o di adeguata validità tecnica, di certo destinata a peggiorare la funzionalità e l’efficacia complessiva dell’azione e dell’intervento pubblico. Anche ridurre ed accomunare in un unico ruolo e in una sola qualifica una grande moltitudine di dirigenti che hanno maturato professionalità ed esperienze profondamente differenti per tipologia, contenuti, durata ed anzianità, appare distante dalle direttrici di alta specializzazione cui nel mondo si tende, nonché lontano anni luce dai più basilari principi in materia di crescita, sviluppo, valorizzazione e giusta differenziazione delle competenze e qualificazioni, oltre in evidente contrasto con il principio costituzionale di “cura della elevazione professionale dei lavoratori”, sancito dall’articolo 35, comma 2, della Costituzione. Tale lezione è, peraltro, facilmente e immediatamente traibile dal trattamento – del tutto opposto - riservato alle cosiddette “categorie eccettuate” (diplomatici, prefettizi, universitari, militari e Forze di Polizia), il cui esteso ordinamento per qualifiche o gradi, giustamente riflette, come in qualsivoglia società civile in cui la funzione assolta dal diritto è direttamente finalizzato alla primaria esigenza ne cives ad arma ruant, il differente livello di sviluppo di carriera e di crescita professionale. Stesso dicasi per la parificazione, sul piano delle possibilità partecipative illimitate e prive di un set di priorità, criteri e condizioni, da parte di dirigenti appartenenti ad ordinamenti (statale, regionale e locale) di diversa ed oggettiva rilevanza istituzionale e territoriale. Si tratta di una ulteriore occasione persa per evolvere verso un modello di dirigenza altamente qualificata e professionale, di vero prestigio e successo, un esempio eccellente tra diversi possibili, quella francese, che costituisce la storica ossatura strategica e prestigiosa della organizzazione dello Stato, che ha consentito alla Francia di affrontare con adeguatezza, decisione e lungimiranza anche fasi di forti crisi e difficoltà. Viene, invece, oggi riproposta una versione, ancora più aggravata, di quella già fallimentare del precedente ruolo unico della dirigenza - su cui, in un passato non troppo remoto, già Governo e Parlamento avevano dovuto prendere atto e fare una decisa marcia indietro - destinata a scardinare l’ordinamento del personale e l’andamento degli uffici pubblici, introducendo un modello ponderoso, complicato e sostanzialmente ingestibile, che tradisce un ingeneroso atto di sfiducia verso la dirigenza pubblica, che invero tanta e incondizionata collaborazione ha dato in questi gravi anni di attuazione di processi e misure di spending review. Crediamo debba riflettersi attentamente sul fatto che la prima applicazione di tale farraginoso sistema dovrebbe avvenire, con sottovalutati rischi ed impatti (almeno per tutti gli incarichi in scadenza nella incipiente ultima fase di Governo prima della conclusione dell’attuale legislatura), in un delicato periodo in cui l’azione pubblica dovrebbe concentrarsi con determinazione sull’attuazione del vasto quadro di interventi e sull’apertura dei cantieri che sono stati oggetto di approvazione nel rilevante e recentissimo ciclo di programmazione economica a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione e sui numerosi Patti per il Sud con le Regioni e le Città Metropolitane, messo a punto dal Presidente del Consiglio nella Cabina di Regia FSC nel trascorso mese di agosto, con il giusto e chiaro intento di indurre effetti di moltiplicatore economico e di sostegno all’incremento del PIL nazionale. Non crediamo che un oggettivamente disordinante concetto di mercato nazionale delle funzioni in vista di un obiettivo di radicale spoil system, destinato ad ampliare fortemente la sfera di occupazione politica della pubblica amministrazione e della dirigenza più strutturale, sia la cosa migliore che si attende un Paese che ha un forte bisogno di operosità e di incrementare l’efficienza, la produzione e la qualità dei servizi al cittadino e ai territori.


In argomento si veda il precedente post sulla posizione dell'Unione Nazionale segretari comunali e provinciali sulla riforma.
Nella stessa seduta presentato un documento da parte della CIDA.

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