No War - Palazzo Savelli sede del Comune di Rocca Priora (Roma)

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martedì 8 marzo 2016

Il TAR bacchetta la Regione Lazio sull'assurda gestione delle convenzioni per la stabilizzazione degli LSU (Sent. n. 2863/2016)

Pubblicata il 4 marzo la sentenza del TAR Lazio, Sezione Prima Ter, n. 2863/2016 con la quale il giudice amministrativo si è espresso sull'assurda vicenda che ha visto coinvolti molti comuni del Lazio che, stipulando protocolli di intesa con la Regione Lazio, hanno proceduto alla stabilizzazione di LSU.

La Regione Lazio si era formalmente impegnata a sostenere l’iniziativa della stabilizzazione di personale LSU presso enti locali espressamente dichiarando che le relative spese di finanziamento (a copertura cioè degli oneri di stabilizzazione) sarebbero state fronteggiate con risorse a valere su fondi comunitari del Fondo sociale europeo (FSE) in attuazione di una legge regionale e che tali risorse non sarebbero rientrate fra le spese di personale del Comune. Da qui molti comuni hanno dato il via a processi di stabilizzazione. Dopo non poco tempo, la Regione aveva inopinatamente chiesto – accompagnando con diffida – la restituzione delle somme trasferite, per le finalità anzidette, previo annullamento in autotutela delle convenzioni stipulate per il riconoscimento dell’incentivo regionale per l’assunzione di LSU, il tutto giustificato dal fatto che le risorse "non avevano provenienza comunitaria".
Queste le motivazioni dell'annullamento dell'atto di revoca disposto dal giudice amministrativo, che appaiono una vera e propria bacchettata: "Non si può disconoscere che il Comune, nel momento in cui ha ricevuto le risorse di cui poi è stata chiesta la restituzione, abbia goduto di un più che plausibile legittimo affidamento quanto all’impiego che, di esse, avrebbe potuto farne.
Non si ravvisano – né del resto, e soprattutto, la Regione li indica – poteri dell’ente locale attraverso il cui esercizio lo stesso avrebbe potuto scoprire da sé l’effettiva, originaria provenienza delle risorse in questione.
Peraltro anche solo un minimo rispetto del principio di leale collaborazione tra livelli di governo diversi – che dovrebbe piuttosto assumere posizione preminente nell’ambito dei rapporti tra enti che vivono in un contesto di federalismo amministrativo – avrebbe dovuto indurre la Regione alla cura anche solo di quel poco di correttezza informativa che, già da sola, sarebbe stata sufficiente ad evitare il grave equivoco nel quale l’ente locale è stato trascinato.
Se è plausibilmente vero – come emergerebbe dalla documentazione in atti – che il Comune resistente non avrebbe rispettato i vincoli derivanti da legislazione statale sopravvenuta, quanto alla necessaria riduzione delle proprie dotazioni di personale, è tuttavia vero che tale circostanza opera su un piano diverso da quello su cui poggia il presente contenzioso. E se, per questo mancato rispetto, il Comune dovrà subire delle conseguenze, non per ciò stesso se ne ricava che, al tempo del protocollo di intesa con la Regione, lo stesso abbia male conseguito le risorse che la Regione gli trasferiva con una indicazione di finalità non solo credibile ma, soprattutto, dallo stesso non unilateralmente verificabile.
Dato per certo, poi, che il Comune non ha trattenuto per sé le risorse ricevute, bensì ha provveduto ad utilizzarle per le retribuzioni delle unità di personale LSU assunte, né può dirsi che l’ente locale abbia approfittato, lucrandovi, dell’omissione informativa commessa dalla Regione né può ammettersi che, ora, la Regione di fatto ‘ribalti’ sul Comune – di per se indotto in legittimo affidamento – le conseguenze del proprio agire omissivo, col serio rischio peraltro (argomentato dalla parte resistente) di condurre lo stesso ad uno stato di dissesto finanziario".
Qui il link alla sentenza integrale del TAR Lazio n. 2863/2016.

1 commento:

  1. Una donna di quarant’anni , sola, mi ha detto: “ Ho deciso di non innamorarmi più. Forse non ci riuscirò, ma lo spero proprio. Non posso più sopportare l’idea di un primo incontro, del “lei” che diventa “tu”, della solita notte nel letto anonimo di un albergo, dei giuramenti retorici, delle delusioni, dei litigi, dei suoi sbalzi di umore e delle mie paure ad ogni nuova mestruazione. No, basta. Questo film l’ho visto troppe volte, non mi diverte più”.
    Vittorio Buttafava

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