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lunedì 4 aprile 2016

Quote rosa non rispettate, il TAR Veneto silura le giunte di tre Comuni

Una recente inchiesta del Corriere della Sera ha rivelato che quelle «quote rosa» sono violate da un comune su 4 tra quelli che hanno votato negli ultimi due anni: 1182 su poco più di 4 mila. Pochi casi dunque non spostano granché la media, ma di recente per tre volte il Tar del Veneto ha costretto altrettanti sindaci a «licenziare » un assessore uomo per rispettare la parità tra i generi: un paio di settimane fa a Zevio (Verona), mercoledì a Saonara (Padova) e Sona, ancora nel Veronese. La legge Delrio del 2014 dice infatti che nelle giunte dei comuni sopra i 3 mila abitanti «nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento» e l’unico modo per chiedere di rispettare il limite è stato proprio quello di rivolgersi ai giudici. I quali, di fronte a un’operazione che è più di calcolatrice che di diritto, non hanno potuto far altro che accogliere i ricorsi.
Inizia così l'articolo Quote rosa non rispettate, i giudici silurano le giunte di tre Comuni pubblicato sul Corriere del Veneto.
Si tratta delle sentenze del TAR Veneto n. 286/2016 (relativa al Comune di Zevio), n. 334/2016 (relativa al Comune di Saonara) e n. 335/2016 (relativa al Comune di Sona),
Nelle tre sentenze i giudici ribadiscono l'immediata operatività delle disposizioni contenute nella Legge 56/2014 nei seguenti termini: "per condivisibile orientamento giurisprudenziale, dal quale il Collegio non ritiene di doversi discostare, all’indomani dell’entrata in vigore del succitato art. 1, comma 137, della legge 7 aprile 2014, n. 56 - a tenore del quale, si ribadisce, nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico - “tutti gli atti adottati nella vigenza di quest’ultimo trovano in tale norma un ineludibile parametro di legittimità, non essendo ragionevole una sua interpretazione – sottesa alle difese comunali – che leghi la sua concreta vigenza alla data delle elezioni ovvero che condizioni unicamente le nomine assessorili all’indomani delle elezioni”, atteso che “una simile interpretazione consentirebbe un facile aggiramento della suddetta prescrizione, nella misura in cui il rispetto della percentuale assicurato dai provvedimenti di nomina immediatamente successivi alle elezioni potrebbe essere posto nel nulla da successivi provvedimenti sindacali di revoca e nomina, atti a sovvertire la suddetta percentuale”.
I giudici inoltre rilevano, in merito alla legittimazione attiva a proporre i ricorsi avverso gli atti di nomina degli assessori, in contrasto con le disposizioni che tutelano la parità di genere, che "la legittimazione all’impugnazione degli atti di nomina della Giunta comunale non è circoscritta ai soli componenti dell’organo consiliare, ma deve riconoscersi anche a ciascun cittadino elettore, in quanto soggetti potenzialmente aspiranti ad assumere la carica di assessore, seppur non eletto nel Consiglio comunale (cfr., in tal senso T.A.R. Lazio, sez. II, 25 luglio 2011, n. 6673; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II bis, 21 gennaio 2013, n. 633)".
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