“Sistema contrattuale più semplice e innovativo per lavoratori pubblici e Paese”, annuncia Marianna Madia, ministro per la Pubblica amministrazione.
E’ un importante passo in avanti per avvicinarsi al rinnovo dei contratti del pubblico impiego. Infatti è stato firmato tra Aran e sindacati l'accordo che riduce i comparti del pubblico impiego a quattro. L’accordo è quindi un buon viatico affinchè si rinnovino velocemente i contratti pubblici, sostengono i sindacati.
Pertanto dagli 11 fino ad oggi comparti, si passa a 4: e sono Funzioni centrali, Funzioni locali, Sanità, Istruzione e ricerca.
Queste operazioni di semplificazione del sistema contrattuale pubblico consentiranno di accorpare contrattualmente diversi settori, dai ministeri alle agenzie fiscali, dalla scuola alla ricerca e università.
Ora per il Governo “non ci sono più alibi”, affermano Cgil, Cisl, e Uil dopo l'accordo all'Aran sulla riduzione a quattro dei comparti pubblici, chiedendo che apri “subito” il tavolo per il rinnovo dei contratti della pubblica amministrazione, in quanto servono “altre” risorse, perché quelle attuali “non bastano”.
Mentre il presidente dell'Aran, Sergio Gasparrini, spiega che “sono state fissate le regole del gioco, l'auspicio è che sia il primo passo per un avvio celere dei rinnovi contrattuali”. Con la sottoscrizione dell'intesa, per cui si è registrata “una forte condivisione da parte delle diverse organizzazione sindacali - aggiunge Gasparrini - abbiamo raggiunto l'obiettivo che c'eravamo dati, quello di semplificare in modo drastico l'architettura dei comparti. Ora “si faranno quattro contratti ogni tre anni, quando in passato se ne dovevano fare più di 20 in quattro anni, c'erano infatti due tornate biennali”.
L’Aran spiega che i nuovi comparti sono:
Funzioni centrali, nel quale confluiscono gli attuali comparti Ministeri, Agenzie fiscali, Enti pubblici non economici, Enti di cui all’art. 70 del d.lgs. n. 165/2001 (in particolare: Enac, Cnel);
Funzioni Locali, che conserva il perimetro dell’attuale comparto Regioni-autonomie locali;
struzione e ricerca, nel quale sono compresi gli attuali comparti Scuola, Accademie e conservatori, Università, Enti pubblici di ricerca, Enti di cui all’art. 70 del d.lgs. n. 165/2001 (in particolare, Agenzia spaziale italiana);
Sanità, che non muta sostanzialmente la sua fisionomia, ricomprendendo gli enti ed aziende dell’attuale comparto Sanità.
Il comparto Funzioni centrali conterà circa 247.000 occupati; il comparto Funzioni locali, 457.000; il comparto Istruzione e ricerca, 1.111.000; il comparto Sanità, 531.000 (dati riferiti al 2014, Elaborazione Aran su dati conto annuale RGS).
In stretto collegamento con i quattro comparti, l’Accordo ha anche operato una ridefinizione delle aree dirigenziali, cioè degli ambiti sui quali saranno negoziati gli specifici accordi riguardanti la dirigenza pubblica.
Le nuove aree dirigenziali sono:
Area delle Funzioni centrali, comprendente i dirigenti delle amministrazioni che confluiscono nel comparto Funzione centrali, cui si aggiungono i professionisti e i medici degli enti pubblici non economici;
Area delle Funzioni locali, nel quale trovano collocazione i dirigenti degli enti del comparto Funzioni locali; i dirigenti amministrativi, tecnici e professionali degli enti ed aziende del comparto Sanità; i segretari comunali e provinciali;
Area dell’Istruzione e della ricerca, comprendente i dirigenti del comparto Istruzione e ricerca;
Area della Sanità, all’interno del quale sono collocati i dirigenti degli enti ed aziende del comparto Sanità, ad eccezione dei dirigenti amministrativi, tecnici e professionali.
Le nuove aree dirigenziali avranno queste dimensioni: circa 6.800 occupati nell’area delle Funzioni centrali; 15.300 nell’area delle Funzioni locali; 7.700 nell’area Istruzione e ricerca; 126.800 nell’area della Sanità (dati riferiti al 2014, Elaborazione Aran su dati conto annuale RGS).
L’accordo ha inteso semplificare l’assetto attuale, - spiega l'Aran - ma salvaguardando talune differenze che caratterizzano il sistema amministrativo italiano. In tale ottica, è stata mantenuta la distinzione tra PA centrale e PA regionale e locale e si è tenuto conto, in special modo con riferimento alle aree dirigenziali, del nuovo profilo dell’organizzazione amministrativa, disegnato nell’ambito della riforma della pubblica amministrazione, recentemente varata dal Governo.
Per accompagnare la transizione al nuovo assetto contrattuale, - aggiunge ancora l'Aran - le parti hanno stabilito una breve finestra temporale all’interno della quale i sindacati potranno realizzare processi di aggregazione o fusione. Si tratta di una previsione che intende agevolare il percorso verso il nuovo assetto della rappresentatività sindacale del pubblico impiego.
Mentre il presidente dell'Aran, Sergio Gasparrini, spiega che “sono state fissate le regole del gioco, l'auspicio è che sia il primo passo per un avvio celere dei rinnovi contrattuali”. Con la sottoscrizione dell'intesa, per cui si è registrata “una forte condivisione da parte delle diverse organizzazione sindacali - aggiunge Gasparrini - abbiamo raggiunto l'obiettivo che c'eravamo dati, quello di semplificare in modo drastico l'architettura dei comparti. Ora “si faranno quattro contratti ogni tre anni, quando in passato se ne dovevano fare più di 20 in quattro anni, c'erano infatti due tornate biennali”.
L’Aran spiega che i nuovi comparti sono:
Funzioni centrali, nel quale confluiscono gli attuali comparti Ministeri, Agenzie fiscali, Enti pubblici non economici, Enti di cui all’art. 70 del d.lgs. n. 165/2001 (in particolare: Enac, Cnel);
Funzioni Locali, che conserva il perimetro dell’attuale comparto Regioni-autonomie locali;
struzione e ricerca, nel quale sono compresi gli attuali comparti Scuola, Accademie e conservatori, Università, Enti pubblici di ricerca, Enti di cui all’art. 70 del d.lgs. n. 165/2001 (in particolare, Agenzia spaziale italiana);
Sanità, che non muta sostanzialmente la sua fisionomia, ricomprendendo gli enti ed aziende dell’attuale comparto Sanità.
Il comparto Funzioni centrali conterà circa 247.000 occupati; il comparto Funzioni locali, 457.000; il comparto Istruzione e ricerca, 1.111.000; il comparto Sanità, 531.000 (dati riferiti al 2014, Elaborazione Aran su dati conto annuale RGS).
In stretto collegamento con i quattro comparti, l’Accordo ha anche operato una ridefinizione delle aree dirigenziali, cioè degli ambiti sui quali saranno negoziati gli specifici accordi riguardanti la dirigenza pubblica.
Le nuove aree dirigenziali sono:
Area delle Funzioni centrali, comprendente i dirigenti delle amministrazioni che confluiscono nel comparto Funzione centrali, cui si aggiungono i professionisti e i medici degli enti pubblici non economici;
Area delle Funzioni locali, nel quale trovano collocazione i dirigenti degli enti del comparto Funzioni locali; i dirigenti amministrativi, tecnici e professionali degli enti ed aziende del comparto Sanità; i segretari comunali e provinciali;
Area dell’Istruzione e della ricerca, comprendente i dirigenti del comparto Istruzione e ricerca;
Area della Sanità, all’interno del quale sono collocati i dirigenti degli enti ed aziende del comparto Sanità, ad eccezione dei dirigenti amministrativi, tecnici e professionali.
Le nuove aree dirigenziali avranno queste dimensioni: circa 6.800 occupati nell’area delle Funzioni centrali; 15.300 nell’area delle Funzioni locali; 7.700 nell’area Istruzione e ricerca; 126.800 nell’area della Sanità (dati riferiti al 2014, Elaborazione Aran su dati conto annuale RGS).
L’accordo ha inteso semplificare l’assetto attuale, - spiega l'Aran - ma salvaguardando talune differenze che caratterizzano il sistema amministrativo italiano. In tale ottica, è stata mantenuta la distinzione tra PA centrale e PA regionale e locale e si è tenuto conto, in special modo con riferimento alle aree dirigenziali, del nuovo profilo dell’organizzazione amministrativa, disegnato nell’ambito della riforma della pubblica amministrazione, recentemente varata dal Governo.
Per accompagnare la transizione al nuovo assetto contrattuale, - aggiunge ancora l'Aran - le parti hanno stabilito una breve finestra temporale all’interno della quale i sindacati potranno realizzare processi di aggregazione o fusione. Si tratta di una previsione che intende agevolare il percorso verso il nuovo assetto della rappresentatività sindacale del pubblico impiego.
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