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lunedì 26 maggio 2014

Note sulla parità di genere nelle giunte comunali alla luce della legge n. 56/2014

Il D.lgs. 267/2000 prevede che gli statuti comunali stabiliscano norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna e per garantire la presenza di entrambi i sessi nelle giunte (art. 6 Tuel); il sindaco nomina i componenti della giunta, nel rispetto del principio di pari opportunità tra donne e uomini, garantendo la presenza di entrambi i sessi, (art. 46, c. 2, Tuel). L’art. 1, c. 137, della L. 56/2014 ha previsto che “nelle giunte dei Comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico”.

Pertanto, per i Comuni con popolazione fino ai 3.000 abitanti, non ci sono disposizioni e limiti precisi a garanzia delle pari opportunità, ma solo disposizioni di principio, con la precisazione che esiste giurisprudenza amministrativa che afferma che le norme dettate dai citati articoli 6, 46 e 47 del Tuel non devono essere considerate norme di valore programmatico ma precettive, ciò anche nel rispetto dell’art. 51 della Costituzione italiana che sancisce proprio il principio generale delle pari opportunità (si veda, in proposito, La ‘promozione’ del principio di pari opportunità nella composizione delle giunte negli enti territoriali alla luce della più recente giurisprudenza amministrativa, di Ugo Adamo).
Per quanto riguarda, invece, i Comuni con popolazione superiore ai 3.000 abitanti la L. 56/2014 prevede all’art. 1, c. 137, una percentuale precisa a garanzia della parità di genere - per le Giunte - pari al 40%. 
Al riguardo il Ministero dell’interno, con circolare del 24 aprile 2014 del Dipartimento affari interni e territoriali, ha chiarito che in base al principio generale secondo il quale, “nelle ipotesi in cui l'ordinamento non ha inteso annoverare il sindaco, nel quorum richiesto, lo ha espressamente indicato usando la formula “senza computare a tal fine il sindaco” e secondo prevalente giurisprudenza, si è indotti a ritenere che sia legittimo includere nel calcolo degli assessori anche il sindaco, a garanzia della rappresentanza di genere.
Per completezza, si soggiunge che occorre lo svolgimento da parte del sindaco di una preventiva e necessaria attività istruttoria preordinata ad acquisire la disponibilità allo svolgimento delle funzioni assessorili da parte di persone di entrambi i generi.
Laddove non sia possibile occorre un'adeguata motivazione sulle ragioni della mancata applicazione del principio di pari opportunità. 
Nel caso in cui lo statuto comunale non preveda la figura dell'assessore esterno e il consiglio comunale sia composto da una rappresentanza di un unico genere, per la piena attuazione del citato principio di pari opportunità si dovrà procedere alle opportune modifiche statutarie che, comunque, sono rimesse alla autonoma valutazione dell'ente”.
L'art. 1, c. 137, della L. 56/2014, pone alcuni interrogativi interpretativi in ordine all'effettiva operatività della norma.
Ci si chiede cioè se la norma incida:
  • solo su giunte delle unioni di comuni;
  • su qualsiasi organo giuntale in carica alla data di entrata in vigore della disposizione, imponendone tout court il riequilibrio;
  • su atti di nomina relativi a organi giuntali esistenti;
  • su provvedimenti sindacali di ridistribuzione delle deleghe.
A questi interrogativi risponde Lorenzo Spallino con l'articolo Note sulla parità di genere nelle giunte comunali alla luce della legge n. 56/2014
Si veda anche il successivo post Ancora sulla parità di genere nelle giunte comunali.

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