1. Le finalità
Il Consiglio di Stato, con il parere (Cons. St., Comm. sp., n. 968/2016) resto sullo schema di decreto recante “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”, ha messo in rilievo come la finalità dell’intervento legislativo di riforma del sistema delle società a partecipazione pubblica sia stata quella di semplificare e razionalizzare le regole vigenti in materia, attraverso il riordino delle disposizioni nazionali e la creazione di una disciplina generale organica. Il quadro normativo attuale è, infatti, il risultato di una serie di interventi frammentari adottati in contesti storici diversi per perseguire finalità di volta in volta imposte da esigenze contingenti.
Il Consiglio di Stato ha ricostruito il contesto europeo e costituzionale in cui si colloca l’intervento di riforma, al fine di proporre modifiche al testo conformi ai principi di concorrenza e alle regole che presiedono al riparto delle funzioni legislative tra Stato e Regioni.
3. I modelli di società
Nel parere sono stati individuati i modelli di società esistenti prima della riforma, distinguendosi società che si collocano in una prospettiva di regolazione prevalentemente privatistica e società che si collocano in una prospettiva di regolazione prevalentemente pubblicistica. Il primo modello generale ricomprende le società a partecipazione pubblica. Il secondo modello ricompre le società in house, le società strumentali e l’organismo di diritto pubblico in forma societaria.
4. Oggetto del decreto
Lo schema di decreto ha previsto, quale regola generale, l’applicazione delle norme del codice civile e delle “leggi speciali” ove non derogate dal decreto stesso. Il Consiglio di Stato ha segnalato l’opportunità di sostituire l’espressione “leggi speciali”, che potrebbe comportare dubbi in fase applicativa, con “norme generali di diritto privato” e “norme generali di diritto amministrativo”, quale la legge n. 241 del 1990 e il Codice dei contratti pubblici.
5. Il sistema delle esclusioni
Nello schema di decreto sono contemplate le seguenti forme di esclusione: la prima, attuata mediante rinvio a disposizioni di legge o regolamento (comma 4, lettera a); la seconda, attuata mediante l’adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (comma 6); la terza, attuata mediante l’elencazione delle singole società pubbliche sottratte al rispetto dell’art. 4 del testo unico.
Il Consiglio di Stato, in relazione alla prima forma di esclusione legislativa, ha posto in rilievo che sarebbe necessario:
- limitare la deroga soltanto alle disposizioni contenute in «leggi» e non anche in fonti di rango inferiore;
- chiarire quale sia la disciplina ad esse applicabile;
- effettuare una ricognizione puntuale di tali società, almeno di quelle a partecipazione pubblica statale e della relativa parte di disciplina;
- indicare un termine massimo di durata di tale regime derogatorio.
In relazione alla seconda forma di esclusione, il Consiglio di Stato ha sostenuto la necessità di una precisa individuazione dei criteri, da inserire nel decreto, che devono guidare l’esercizio del potere del Presidente del Consiglio dei ministri, ritenendo, comunque, non possibile l’esclusione totale dall’applicazione dello schema di decreto.
Nel parere si afferma che utili indici sintomatici dell’idoneità delle società a partecipazione pubblica ad essere escluse, in parte, dall’applicazione del decreto potrebbero essere, tra gli altri, la virtuosità finanziaria, lo svolgimento di attività d’impresa per il perseguimento di rilevanti interessi pubblici, l’aver conseguito affidamenti in base a procedure competitive.
In relazione alla terza forma di esclusione, il Consiglio di Stato ha evidenziato come sia necessario chiarire quali siano le ragioni che hanno condotto all’individuazione delle società indicate nell’Allegato A al decreto stesso, precisando che per esse deve comunque operare il “vincolo di scopo” (si v. punto 5).
6. Modelli societari
Il Consiglio di Stato ha rilevato come la mancanza di una più precisa indicazione dei modelli societari non sia coerente con i criteri della legge delega e rischi di non consentire il raggiungimento delle finalità di semplificazione del quadro complessivo di disciplina.
Nel parere si sottolinea come dovrebbe essere definita, nell’ambito di un primo modello generale, una distinzione più netta tra “società a controllo pubblico”, “società a partecipazione pubblica”, “società quotate”, con deroghe al codice civile che assumono connotati di intensità gradualmente più ridotta.
Nell’ambito di un secondo modello generale dovrebbero confluire le “società strumentali” e le “società in house”, con deroghe al codice civile che assumono connoti di intensità maggiore. In particolare, l’autonomia del modello dell’in house deriva, oltre che dalla valorizzazione dei suddetti criteri della legge delega, dalla previsione, imposta dal diritto europeo, di un assetto organizzativo che non risulta compatibile con quello predefinito dal codice civile.
5. Le finalità perseguite
Lo schema di decreto definisce il nuovo perimetro entro cui le società pubbliche possono operare. Il Consiglio di Stato ha messo in rilievo come sia stato previsto accanto ad un “vincolo di scopo”, costituito dal perseguimento delle finalità istituzionali della pubblica amministrazione, un “vincolo di attività”, segnalando la necessità di:
- indicare che le società a partecipazione pubblica possono svolgere, accanto alle attività di “servizio di interesse generale”, anche attività di “servizio di interesse economico generale”;
- chiarire che continuano ad essere ammesse le società strumentali, al fine di evitare un possibile dubbio di costituzionalità in relazione alle “società strumentali regionali”, la cui disciplina rientra nella competenza legislativa regionale in materia di organizzazione amministrativa;
- indicare se il “vincolo di attività” operi anche per l’attività che la società in house svolge non a favore delle amministrazioni;
- eliminare dal testo la possibilità per le amministrazioni di acquisire, per fini di investimento, partecipazioni in società tramite il conferimento di beni immobili, allo scopo di evitare l’elusione della nuova disciplina che vieta alle società a partecipazione pubblico, lo svolgimento di attività di impresa.
Le limitazioni introdotte rende evidente che il complessivo disegno riformatore si prefigge lo scopo assicurare nuove forme di privatizzazione sostanziale con impulso positivo ai processi di liberalizzazione delle attività economiche.
6. Costituzione delle società a partecipazione pubblica
La decisione dell’amministrazione, si è rilevato nel parere, finalizzata ad esternare le ragioni della costituzione di una società di capitali e la manifestazione di volontà diretta alla formale costituzione dell’ente devono essere contenuti in atti separati, essendone differente la natura e il conseguente regime
7. Principio di separazione tra attività protette da diritti speciali o esclusivi e altre attività
Nel parere si è messo in rilievo l’opportunità di precisare l’ambito in cui l’attribuzione alle società a controllo pubblico di un «diritto speciale o esclusivo» possa fare sorgere un dovere di attuazione del principio di separazione tra attività che godono di particolari privilegi e altre attività, al fine di limitare tale ambito soltanto alle fattispecie in cui il riconoscimento di tali diritti si risolva in un effettivo possibile vantaggio competitivo.
8. Gestione delle partecipazioni pubbliche
La previsione di una disciplina di dettaglio in ordine alle modalità organizzative interne delle società a partecipazione pubblica regionale potrebbe porre, si sottolinea nel parere, un problema di compatibilità costituzionale con le regole di riparto delle competenze, che assegnano alla funzione legislativa delle Regioni la competenza in materia di organizzazione amministrativa riferita agli apparati delle Regioni.
9. Organi amministrativi e di controllo delle società a controllo pubblico
Il Consiglio di Stato ha sollevato dubbi di conformità al principio costituzionale di ragionevolezza della norma che vieta a tutti i dipendenti pubblici di essere amministratori delle società in controllo pubblico, suggerendo di limitare il divieto soltanto ai “dipendenti delle amministrazioni titolari delle partecipazioni pubbliche”.
10. Sistema di responsabilità
Nel parere si indica la necessità di definire con maggiore precisione il sistema di riparto di giurisdizione tra Corte dei Cassazione e Corte dei conti in materia di responsabilità degli enti partecipanti e dei componenti degli organi delle società partecipate.
In particolare, dovrebbe essere chiarito che, in relazione alle società a partecipazione pubblica, soltanto il danno “diretto” e non anche quello “indiretto” al patrimonio della amministrazione pubblica può giustificare l’attribuzione della giurisdizione della Corte dei conti. In relazione alle società in house il Consiglio di Stato ha rimesso al Governo la decisione in ordine all’opportunità di chiarire se per tale tipologia di società si giustifichi sempre la giurisdizione della Corte dei conti.
11. Crisi di impresa
Nel parere si rimette al Governo la decisione in ordine alla possibilità di introdurre per le società in house o strumentali, in ragione delle loro peculiarità relative all’assetto organizzativo, un sistema di gestione della crisi di impresa diverso dall’applicazione integrale delle disciplina del fallimento prevista per le altre società a partecipazione pubblica.
12. Monitoraggio, indirizzo e coordinamento sulle società a partecipazione pubblica
Il parere prospetta rilevanti criticità in ordine alla mancanza di un sistema di controllo e monitoraggio in grado di assicurare una fase efficace di attuazione delle norme contenute nello schema di decreto. In particolare, la formulazione proposta non individua una struttura competente preposta specificamente allo svolgimento di questa importante attività nè indica poteri vincolanti che si dimostrino appropriati e forti rispetto alle finalità perseguite dalla riforma. L’esigenza di contemplare un modello di attuazione rispondente ai criteri che il Consiglio di Stato ha indicato è stata ritenuta meritevole di particolare attenzione anche dal Country report 26 febbraio 2016. SWD, 81, final.
13. Società in house
In relazione alla disciplina delle società in house il Consiglio di Stato fa presente che sarebbe opportuno chiarire che:
- la partecipazione dei privati deve essere “prescritta” da specifiche disposizioni di legge, che indichino le ragioni che giustificano la partecipazione di privati stessi nella compagine societaria:
- le modalità predeterminate attraverso le quali si svolge il controllo analogo potrebbero, per la mancanza di prescrizioni effettivamente cogenti, non assicurare una gestione da parte delle amministrazioni pubbliche rispondente al modello prefigurato dal legislatore europeo;
- l’attività dedicata a favore delle amministrazioni deve essere “oltre l’ottanta per cento” e non, come previsto dallo schema del decreto, di “almeno l’ottanta per cento”;
- l’attività extra moenia dovrebbe, da un lato, potersi svolgere senza necessità di dovere conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza, dall’altro, senza possibilità, ammessa dallo schema di decreto, di “sanatoria” qualora la stessa superi la soglia consentita.
14. Razionalizzazione periodica e revisione straordinaria delle partecipazioni pubbliche
In relazione alle suindicate fasi nel parere, da un lato, si indica l’opportunità di coinvolgere oltre la Corte dei Conti anche, in funzione di vigilanza, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, dall’altro, si prescrive di limitare l’apparato sanzionatorio previsto per la mancata attuazione dei principi che sovraintendono a queste fasi alle società a partecipazione pubblica locale, in quanto la prevista generalizzazione delle sanzioni non ha copertura nella legge di delega.
15. Gestione del personale
Il Consiglio di Stato ha rilevato come sia necessario chiarire quale sia l’ambito applicativo delle regole pubbliche che devono essere rispettate nella selezione del personale, con particolare riferimento alla posizione delle società in house e delle società strumentali.
Per quanto attiene, invece, alla fase transitoria del “personale eccedente” all’esito delle procedure di revisione delle società a partecipazione pubbliche esistenti, inserito nell’elenco gestito dal Dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nel parere si segnala che:
- dovrebbe essere ridotto, per evitare possibili frizioni con il principio del concorso pubblico, il periodo temporale fissato dal decreto che obbliga le società a controllo pubblico ad attingere, per le nuove assunzioni, dal suddetto elenco;
- sarebbe necessario ammettere l’avvio delle procedure concorsuali nei casi in cui sia indispensabile personale che abbia competenze specifiche senza necessità che esso abbia un profilo «infungibile»;
- l’avvio delle predette procedure non dovrebbe essere sottoposto ad un vero e proprio atto di autorizzazione da parte della Presidenza del Consiglio o del Ministero dell’economia e delle finanze, ma dovrebbe essere demandato alle singole società con imposizione di un dovere di interloquire con le amministrazioni sopra indicate.
Fonte: giustizia-amministrativa.it
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