Poche donne nelle giunte comunali. In alcuni casi nemmeno una. In 1 comune su 4 la rappresentanza femminile è al di sotto della percentuale prevista dalla legge. A meno di due anni dalla sua approvazione, la riforma Delrio è ancora incompiuta.
Il Ddl n. 56/2014, comma 147 art. 1, prevede che «nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3000 abitanti nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40%, con arrotondamento aritmetico».
Già la legge 215 del 2012 imponeva di inserire negli statuti comunali norme sulle pari opportunità tra uomo e donna per garantire «la presenza di entrambi i sessi nelle giunte». Ma oggi per Tar e Consiglio di Stato l'osservanza delle quote rosa è un obbligo non più eludibile.
Inizia così l'articolo di Donata Marrazzo pubblicato sul quotidiano Il Sole 24 Ore dal titolo Solo 1 sindaco su 7 è donna in Italia. Niente quote rosa nei Comuni.
In argomento su questo blog:
- Partecipazione politica e riequilibrio di genere nelle assemblee elettive e negli organi di governo: legislazione e giurisprudenza costituzionale nell’ordinamento italiano;
- Giunte senza parità di genere solo se l'impossibilità di rispettarla è documentata;
- Ancora sul carattere inderogabile della percentuale di quote rosa nelle Giunte Comunali prevista dalla legge Delrio (Consiglio di Stato sentenza n. 406/2016);
- Quote rosa senza deroghe per la politica locale;
- Giunte con parità di genere;
- La percentuale di "quote rosa" nelle Giunte comunali dopo la legge Delrio è inderogabile (Cons. Stato sent. n. 4626 del 5/10/2015);
- Sulla conformazione delle Giunte degli Enti locali al canone delle pari opportunità: alcune riflessioni alla luce delle innovazioni legislative e della giurisprudenza più recente;
- Quote rosa in Giunta comunale: 1.182 comuni non rispettano la legge Delrio;
- La percentuale di "quote rosa" nelle Giunte comunali prevista dalla legge Delrio ha valore cogente e precettivo (TAR Calabria sent. n. 1, 2, 3 e 4 del 2015);
- Note sulla parità di genere nelle giunte comunali alla luce della legge n. 56/2014;
- Ancora sulla parità di genere nelle giunte comunali;
- Quote di genere nella formazione delle liste dei candidati nelle elezioni comunali: cambia l'interpretazione ministeriale;
- La partecipazione delle donne alla vita politica e istituzionale.
Spesso la gente, leggendo o osservando testimonianze di secoli lontani, si stupisce che gli antichi sapessero già fare tante cose belle e fossero soprattutto, nel bene e nel male, così simili a noi. A teatro la gente, ascoltando Eschilo o Aristofane, si domanda:” C’erano anche allora questi vizi e queste virtù?”. Legge i dialoghi di Platone e commenta:” Venticinque secoli fa qualcuno pensava già a queste cose meravigliose!”. Ammira i ruderi di grandi civiltà e chiede alla guida turistica: “ Già allora si sapevano costruire monumenti così giganteschi?”.
RispondiEliminaNon ho capito la ragione di questo stupore. Non capisco, cioè, per quale motivo gli antichi non avrebbero dovuto pensare, vivere, costruire, sbagliare, tradire, perdersi come noi. Avevano un cervello come il nostro e un cuore gonfio di generosità e di avarizia. Di amore e di perfidia, proprio come noi. Niente ci autorizza a credere che, a parte le novità della tecnica, l’umanità progredisca. Da milioni di secoli gli uomini compiono gli stessi errori e, ad ogni nuova generazione, ricominciano a sbagliare da capo. L’umanità scorre nel tempo. È vero, ma è sempre nuova, diversa, giovane. Per quanti secoli siano passati, è rimasta- e sarà sempre- disarmata, capricciosa e inconsapevolmente crudele come un bambino che non riuscirà mai a crescere.