Dopo il preavviso dato a Renzi dai magistrati e dall’Anm, anche i 30.000 dirigenti statali, toccati e sacrificati dalla riforma Madia, partono in guerra lancia in resta contro ministro, premier e governo. Minacciano azioni forti e giovedì scorso si sono riuniti per decidere la protesta. Sono pronti a scendere in piazza, magari con un singolare e inedito flash mob davanti a Palazzo Chigi o con altri strumenti più «sottili» di protesta (dei quali ancora non parlano).
Il fatto nuovo è che le norme contestate stanno producendo una coesione di interessi che fa presagire la nascita di un’unica federazione dei vari sindacati che, finora, hanno rappresentato singolarmente le istanze dei direttori nelle contrattazioni per i rinnovi salariali. Alla riunione romana convocata dal comitato nazionale dei dirigenti pubblici per la difesa dell’articolo 97 e 98 della Costituzione, nato per contestare la riforma Madia, hanno infatti partecipato anche iscritti a sigle di organizzazioni di lavoratori del ministero degli esteri, della sanità, della funzione pubblica e dell’economia. Insieme vogliono mettere in campo azioni di contrasto alle nuove regole che, a loro avviso, depauperano e precarizzano un’intera classe di manager pubblici.
Inizia così l'articolo di Paolo Padoin dal titolo Alti dirigenti statali pronti alla guerra contro Premier e ministro Madia.
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