Gli avvocati, gli architetti e gli altri professionisti che lavorano per la pubblica amministrazione oggi si trovano di fronte a un bivio: auto-limitare in modo drastico i propri diritti politici, evitando di candidarsi alle elezioni amministrative di giugno o dimettendosi se sfortunatamente sono già entrati in un consiglio comunale, oppure rinunciare ai compensi per l'attività professionale. Un bel problema, che tale rimarrà fino al probabile intervento della Corte costituzionale.
Inizia così l'articolo di Gianni Trovati Per i professionisti fare politica è una «colpa»: o rinunciano alla carica o all'attività con le Pa pubblicato dal quotidiano del Sole24Ore Enti Locali & PA.
L'articolo commenta la già segnalata deliberazione della Corte dei Conti Sezione Autonomie n. 11/2016.
In argomento si vedano i precedenti post Stop ai compensi per i titolari di cariche elettive per tutte le ipotesi di incarico comunque denominato, ad eccezione dei revisori dei conti (Corte Conti Sez. Autonomie del. n. 11/2016) e Incarichi gratuiti per i titolari di cariche elettive: un esempio di direttiva del Segretario Generale.
Quando scopro che un cattolico praticante è avaro fino alla taccagneria rimango penosamente deluso. A parte la mancanza di carità, che resta il peccato più triste per un cristiano, mi stupisce la scarsa o nessuna fiducia nella provvidenza, che agli occhi di un vero credente dovrebbe essere la garanzia più sicura per ogni momento della vita. Naturalmente non serve a nulla far passare l’avarizia per sobrietà, trasformando un vizio in virtù. In questo caso, anzi, al peccato si aggiunge una miseria non meno grave. L’ipocrisia. Vittorio Buttafava
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