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lunedì 17 novembre 2014

Non delegabile il diritto di accesso spettante ai Consiglieri comunali ex art. 43 del D.lgs. 267/2000


Di seguito un parere reso ad un comune dal Servizio Consulenza agli enti locali della Regione Friuli Venezia Giulia, riassunto nella seguente massima:
Il diritto di accesso riconosciuto dall'art. 43 TUEL ai consiglieri comunali è strumentale all'espletamento del mandato elettivo. Pertanto, così come non è possibile delegare l'esercizio del munus pubblico, allo stesso modo non può essere oggetto di delega l'esercizio di un diritto che è espressione di tale carica pubblica.
Il testo integrale del parere:
Il Comune chiede di conoscere un parere in merito alla possibilità per un consigliere comunale di delegare un terzo all'esercizio del diritto di accesso allo stesso riconosciuto dall'articolo 43 del TUEL. 
Sentito il servizio elettorale si formulano le seguenti considerazioni. 
L'articolo 43, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recita: 'I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge'. 
Come rilevato, in diverse occasioni dalla giurisprudenza, si tratta di un diritto che «ha in realtà una ratio diversa da quella che contraddistingue il diritto di accesso ai documenti amministrativi riconosciuto alla generalità dei cittadini (ex articolo 10 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) ovvero a chiunque sia portatore di un "interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso" (ex art. 22 e ss. della L. 7 agosto 1990, n. 241): infatti, mentre in linea generale il diritto di accesso è finalizzato a permettere ai singoli soggetti di conoscere atti e documenti per la tutela delle proprie posizioni soggettive eventualmente lese, quello riconosciuto ai consiglieri comunali è strettamente funzionale all'esercizio delle loro funzioni, alla verifica e al controllo del comportamento degli organi istituzionali decisionali dell'ente locale (Cons. Stato, sez. IV, 21 agosto 2006, n. 4855) ai fini della tutela degli interessi pubblici (piuttosto che di quelli privati e personali) e si configura come peculiare espressione del principio democratico dell'autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività (Cons. Stato, sez. V, 8 settembre 1994, n. 976)»[1]. 
Si tratta, dunque, di un diritto riconosciuto all'amministratore locale, strumentale all'espletamento del mandato elettivo. Per il suo tramite, infatti, il consigliere può 'valutare con piena cognizione di causa la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'Amministrazione, nonché [per] esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio, e [per] promuovere, anche nell'ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale [...]. Il diritto in argomento non opera unicamente in relazione alle competenze amministrative del consiglio comunale ma, essendo riferito all'espletamento del mandato, investe l'esercizio del munus in tutte le sue potenziali implicazioni per consentire la valutazione della correttezza ed efficacia dell'operato dell'amministrazione comunale[...]'.[2] 
Alla luce delle considerazioni che precedono segue che, così come non è possibile delegare l'esercizio del munus pubblico, allo stesso modo non può essere oggetto di delega l'esercizio di un diritto che è espressione di tale carica pubblica. 
Tale conclusione si ritiene non venga contraddetta dall'esistenza, nel regolamento sul funzionamento del consiglio comunale, della norma ai sensi della quale 'ciascun gruppo, prima dell'inizio della prima seduta del neo eletto Consiglio comunale, comunica per iscritto al Segretario Comunale il nome del Consigliere che assume le funzioni di Capogruppo, nonché i suoi componenti e il nominativo del Consigliere al quale affidare, in caso di assenza o impedimento del Capo gruppo medesimo, l'esercizio delle funzioni attribuite dal Regolamento'. 
Trattasi, infatti, di disposizione volta a disciplinare il funzionamento dei gruppi consiliari prevedendo che, in caso di mancanza del soggetto designato quale Capogruppo ve ne sia un altro, anch'esso consigliere comunale, legittimato ad esercitare le 'funzioni attribuite dal Regolamento'. Senza addentrarsi sulla interpretazione della norma regolamentare, attività per la quale questo Ufficio non è competente,[3] si rileva che, comunque, l'esercizio del diritto di accesso degli amministratori locali non può essere annoverato tra le 'funzioni attribuite dal Regolamento' ai Capigruppo consiliari trattandosi di un diritto personale il cui fondamento risiede nella legge. 
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[2] T.R.G.A., Trentino Alto Adige, sentenza del 12 febbraio 2008, n. 29. 
[3] L'interpretazione della norme del regolamento sul funzionamento del consiglio comunale spetta, infatti, all'organo che lo ha approvato. 
In tema si vedano anche su questo blog i precedenti post:

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