A fronte di un orientamento del Consiglio di Stato incline a negare il rimborso qualora la nomina del difensore non sia stata concordata con l’amministrazione (sent. 552/07), pronunce più recenti ammettono il rimborso ex post (v. Corte dei Conti, sezione Veneto, n. 245/2012). Si è chiarito che in questo caso la spesa deve “essere comunque rispondente a parametri di obiettiva congruità” ed inoltre “lo stesso principio di civiltà giuridica di cui all’art. 51 della Costituzione, che fonda il diritto al rimborso delle spese legali, porta a sostenerne l’ammissibilità anche del rimborso ex post delle spese eventualmente sostenute in maniera autonoma dal dipendente prosciolto. Tuttavia, in questo caso, l’amministrazione di appartenenza dovrà verificare, all’esito del procedimento (in questo senso “ex post”), che non sussista un conflitto di interessi tra l’attività istituzionale dell’ente e la condotta del lavoratore” (così, in motivazione, Corte dei Conti, sezione Veneto, n. 245/2012, che ha richiamato una consolidata giurisprudenza amministrativa, secondo cui l'ente è tenuto a rimborsare le spese legali effettivamente sostenute dal dipendente nel giudizio poiché il principio del diritto alla difesa non può subire alcuna limitazione, sempre a condizione che il giudizio si sia concluso con una sentenza favorevole all’amministratore locale” e come tale "diritto al rimborso delle spese sostenute in un giudizio penale … non può essere escluso dalla circostanza che il Comune non abbia previamente espresso il proprio assenso nella scelta del difensore da parte dell'interessato, (T.A.R. Veneto n. 1505 del 5 ottobre 1999 e T.A.R. Veneto n. 1505 del 5 ottobre 1999).
E' questo uno dei principi affermati dal Tribunale di Bergamo con sentenza n. 757 del 19 ottobre 2017.
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