La possibilità per un professionista di offrire gratuitamente la propria attività lavorativa è di per sé ammessa dal nostro ordinamento, ma solo quale eccezione esplicita e solo se frutto della libera determinazione del prestatore d’opera, senza possibilità di imposizioni.
Ai sensi dell’art. 3, co. 1, lett. ii), del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016), gli appalti pubblici sono infatti dei contratti a titolo oneroso, stipulati per iscritto, aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi. Alla luce delle direttive comunitarie (2014/23, 2014/25) l’onerosità del corrispettivo è dunque un elemento strumentale indefettibile dei contratti stipulati.
Con l’approfondimento del 23 ottobre 2017 la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro si sofferma sulle contraddizioni di fondo contenute nella sentenza n. 4614/2017 del Consiglio di Stato che ha ritenuto legittima la prestazione gratuita sulla considerazione che l’onerosità, obbligatoriamente prevista dal Codice dei contratti pubblici, “può assumere per il contratto pubblico un significato attenuato o in parte diverso rispetto all’accezione tradizionale e propria del mondo interprivato”.
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