Le «tre fasce» sono state una delle bandiere dell’ultima riforma della Pubblica amministrazione, quella del 2009 targata Brunetta. Avrebbero imposto di dividere i dipendenti di ogni ente, con l’eccezione di quelli più piccoli, appunto in tre gruppi: i migliori, i mediani e i peggiori. Ai primi sarebbe andato il 50% dei soldi che i «fondi decentrati» (che finanziano il salario accessorio) dedicano alla produttività, ai secondi sarebbe andato l’altro 50% per lasciare a zero i premi per il terzo gruppo.
Il meccanismo ha riempito dibattiti, libri e convegni, ma sarebbe dovuto entrare in vigore al primo rinnovo contrattuale. Qualche mese dopo l’entrata in vigore della riforma, il primo dei tanti decreti anti-crisi ha congelato contratti e buste paga. E il meccanismo è rimasto nel cassetto.
Inizia così l'articolo Pubblico impiego. Entro febbraio il testo unico per valorizzare la produttività. L’obiettivo: superare l’abitudine dei premi dati «a pioggia» e usati come parte aggiuntiva dello stipendio pubblicato sul Sole 24 Ore.
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