Un pasticcio simile non si era veramente mai visto. Gli effetti della sentenza n. 251 del 25 novembre della Corte Costituzionale vanno ben oltre il dato giuridico perché coinvolgono tutta l'attività del Governo in carica che sulla legge delega 124 aveva fondato le principali linee di intervento della propria attività.
Va ricordato in tal senso che il Ddl 1577 venne approvato dal Consiglio dei Ministri nel lontano 10 luglio 2014 ed era il secondo importante step (il primo era stato il decreto-legge 90 del mese prima) di quella che veniva chiamata – impropriamente – riforma della Pubblica amministrazione e che era stata disegnata appena dopo l'insediamento di febbraio mediante la famosa lettera aperta in 44 punti ai pubblici dipendenti. A due anni e mezzo dall'inizio del percorso la cosiddetta Riforma Madia è del tutto incompleta e probabilmente a rischio nel suo insieme. Infatti, con la bocciatura della Corte, si perde non solo un enorme lasso di tempo ma la stessa credibilità del Governo e la sua affidabilità tecnica nello scrivere le disposizioni legislative sono ai valori minimi. E non c'entra nulla prendersela con la “burocrazia opprimente” perché in questo caso specifico il conflitto è tutto politico e attiene ai rapporti tra lo Stato e le Regioni - il Veneto in particolare – che sono stati del tutto sottovalutati dagli organi governativi.
Inizia così l'interessante analisi di Stefano Simonetti dal titolo Riforma Pa e Consulta: il Governo se l’è cercata. Da tutta questa vicenda rimane l'amarezza per il degrado della tecnica legislativa.
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