Tre anni di anzianità maturati negli ultimi otto anni. Su queste due cifre si gioca il nuovo «piano straordinario» di assunzioni per i precari “storici” della pubblica amministrazione, una platea che dalla Funzione pubblica calcolano in circa 50mila persone. Il piano riguarda tutta la Pa, ma i suoi effetti sono destinati a concentrarsi negli enti territoriali.
Sanità, regioni ed enti locali, come mostrano i numeri della Ragioneria generale, assorbono da soli il 70% dei contratti a tempo determinato, che rappresentano l’ampia maggioranza delle forme di lavoro “flessibile” nella Pa; se si guarda invece alla somministrazione, la quota di questi comparti sale all’89%, e arriva al 95% fra i lavoratori socialmente utili. Il peso di Regioni ed enti locali scende al 36% solo per i co.co.co., ma per il primato degli enti di ricerca in questo ambito: fatta la media, gli enti territoriali assorbono il 66% della precarietà nel pubblico impiego. La nuova finestra per la “stabilizzazione”, se saranno confermati fino all’approvazione definitiva del decreto legislativo i contenuti dei testi esaminati giovedì in consiglio dei ministri, al primo via libera, rimarrà aperta tre anni (2018-2020).
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