Dopo gli annunci ecco la norma. Con lo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri del 20 gennaio scorso, il Governo ha inteso porre rimedio al discusso fenomeno dei “furbetti del cartellino” della Pubblica Amministrazione.
La novella non riscrive integralmente la materia dei licenziamenti disciplinari nel pubblico impiego, preferendo invece intervenire direttamente sul testo dell’art. 55-quater del Testo Unico del Pubblico Impiego (d.lgs. n. 165/2001), con una operazione di interpretazione autentica del concetto di “falsa attestazione della presenza in servizio”.
Costituirà così falsa attestazione della presenza in servizio «qualunque modalità fraudolenta posta in essere, anche avvalendosi di terzi (i quali pure risponderanno per aver agevolato in via attiva o omissiva la condotta fraudolenta) per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l’amministrazione presso la quale il dipendente presta servizio circa il rispetto dell’orario di lavoro dello stesso».
Inizia così l'articolo di Marco Menegotto e Lorenzo Maria Pelusi pubblicato sul bollettino Adapt.it dal titolo Prime note a caldo sul decreto contro i furbetti del cartellino.
Ormai so che i malati vivono più a lungo dei sani. Non parlo naturalmente dei malati gravi, colpiti in qualche organo vitale, o consumati da un tumore. Parlo delle persone gracili, malazzate dappertutto, vulnerabili allo spiffero d’aria come al piatto di pastasciutta. Timorose di tutto, trascorrono la vita avvolte in cellophane; si mettono a letto all’annuncio di un raffreddore, vanno dal medico più spesso che dal panettiere, mangiano in bianco per anni, conoscono il nome e le virtù di tutte le medicine, si coricano e si alzano sempre alla stessa ora, lavorano con parsimonia, cullano ogni doloretto come un bambino.
RispondiEliminaIn questo modo consumano al minimo la benzina della vita, resistono fino al secolo e magari più in là. Intanto i sani, convinti di essere indistruttibili, sprecano tempo ed energie con pazzesca incoscienza; mangiano senza controllo, si buttano a capofitto nel lavoro, dormono quando capita e girano a largo dai medici. Come macchine lanciate a duecento all’ora sull’autostrada, con l’acceleratore schiacciato, ad un tratto restano senza un goccio di benzina. E s’inchiodano proprio nel momento più esaltante della corsa.