Il rispetto del principio di parità tra uomo e donna non può determinare un'interruzione dell'esercizio delle funzioni politico-amministrative.
Testo del parere
È stato riferito che alcuni consiglieri di minoranza, nel lamentare la violazione della normativa in materia di parità di genere della giunta del proprio comune, hanno eccepito l'irregolarità delle scelte compiute dal sindaco nell'individuazione della compagine degli assessori. Il primo cittadino, infatti, dopo aver esperito un pubblico interpello per reperire candidate alla carica di assessore, ha ritenuto di non prendere in considerazione l'unica candidatura pervenuta e di nominare un assessore di genere maschile.
A giustificazione di tale provvedimento, il sindaco ha fornito un'ampia motivazione riconducibile essenzialmente alla inconciliabilità delle posizioni politiche espresse dalla signora in quanto candidata alle ultime elezioni in una lista avente un progetto politico alternativo a quello risultato vincente.
Il suddetto comune, avente popolazione superiore a 3.000 abitanti, è tenuto al rispetto delle prescrizioni in tema di quote di genere come declinate dalla vigente normativa.
Al riguardo, si rappresenta che, come noto, il comma 137 della legge n.56/14 dispone che "nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40%, con arrotondamento aritmetico".
Il Consiglio di Stato - Sez. V, con sentenza n.4626/2015, ha precisato che tutti gli atti adottati nella vigenza dell'art.1, comma 137 citato, trovano in esso "un ineludibile parametro di legittimità" e, pertanto, un'interpretazione che riferisse l'applicazione della norma alle sole nomine assessorili effettuate all'indomani delle elezioni e non anche a quelle adottate in corso di consiliatura consentirebbe un facile aggiramento della suddetta normativa.
Con riferimento alla adeguatezza dell'istruttoria effettuata dal sindaco e del corredo motivazionale addotto quale giustificazione del mancato rispetto della normativa in questione, appare utile richiamare la sentenza n.1 del 2015 con la quale il TAR Calabria, Sez. Catanzaro, nel pronunciare l'annullamento del decreto di nomina della giunta, ha ritenuto che l'atto impugnato fosse sprovvisto di adeguata istruttoria finalizzata al reperimento di "… idonee personalità di sesso femminile nella società civile, nell'ambito del bacino territoriale di riferimento, limitandosi a comprovare soltanto la rinuncia di due consigliere". (cfr. TAR Calabria sentenze nn. 2, 3 e 4 del 2015).
Inoltre il Consiglio di Stato, con sentenza n.406/2016, ha osservato che l'effettiva impossibilità di assicurare nella composizione della giunta comunale la presenza dei due generi nella misura stabilita dalla legge deve essere "adeguatamente provata".
Nella citata pronuncia, il Supremo Consesso Amministrativo ha precisato, inoltre, che la natura fiduciaria della carica assessorile non può giustificare la limitazione di un eventuale interpello "alle sole persone appartenenti allo stesso partito o alla stessa coalizione di quella che ha espresso il Sindaco, soprattutto in realtà locali niente affatto estese". Nel caso in questione, tuttavia, risulta che l'interpello non sia stato rivolto alle sole candidate appartenenti al partito o alla coalizione di maggioranza, ma a tutte coloro che condividano gli obiettivi ed il programma politico-amministrativo per il quale l'amministrazione è stata eletta.
Da ultimo appare utile richiamare la sentenza n.13 dell'8.1.2020 con la quale il TAR Puglia ha osservato che il rispetto del principio di parità tra uomo e donna non può in alcun modo determinare un'interruzione dell'esercizio delle funzioni politico-amministrative. Pertanto, tale principio può essere derogato nel caso in cui sussista una effettiva impossibilità di assicurare la presenza di entrambi i generi nella compagine giuntale.
Ciò posto si rappresenta, comunque, che il vigente ordinamento, come noto, non prevede poteri di controllo di legittimità sugli atti degli enti locali, in capo a questa Amministrazione.
Gli eventuali vizi di legittimità sugli atti adottati, potranno essere fatti valere nelle sedi competenti, facendo ricorso ai rimedi approntati dal vigente ordinamento.
Fonte: Ministero dell'interno.
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