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mercoledì 15 ottobre 2014

Ancora sulla legittimazione dei consiglieri ad impugnare gli atti adottati dagli organi di appartenenza (TAR Calabria, Catanzaro, sent. 1602/2014)

In un precedente post avevamo segnalato la sentenza emessa dal Cons. St. n. 593/2014 in tema di legittimazione dei consiglieri ad impugnare gli atti adottati dagli organi di appartenenza.

Il TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, in data 6/10/2014 con sentenza n. 1602, si è conformata al consolidato orientamento giurisprudenziale sulla legittimazione dei consiglieri comunali dissenzienti ad impugnare le delibere dell´organo di cui fanno parte.

La rivista dirittodeiservizipubblici.it ha massimato nei seguenti termini la citata decisione:

Dalle più recenti pronunzie del Consiglio di Stato, suffragate da costante giurisprudenza precedente, si traggono i seguenti principi di diritto:
a) la legittimazione dei consiglieri dissenzienti ad impugnare le delibere dell'organo di cui fanno parte ha carattere eccezionale, dato che il giudizio amministrativo non è di regola aperto alle controversie tra organi o componenti di organi di uno stesso ente, ma è diretto a risolvere controversie intersoggettive, per cui essa rimane circoscritta alle sole ipotesi di lesione della loro sfera giuridica, come per esempio lo scioglimento dell'organo o la nomina di un commissario ad acta, in cui detto effetto lesivo discende ab externo rispetto all'organo di cui fa parte;
b) la legittimazione ad agire del consigliere non risiede nella deviazione dell'atto impugnato rispetto allo schema normativamente previsto, quando da essa non derivi la compressione di una sua prerogativa inerente all'ufficio, occorrendo in ogni caso aver riguardo a questo fine, alla natura e al contenuto della delibera impugnata e non già delle norme interne relative al funzionamento dell'organo;
c) la contestazione del componente di un organo collegiale non può limitarsi a censurare l'oggetto o le modalità di formazione della deliberazione del medesimo organo, senza dedurre che da esse ne sia derivata una lesione delle sue prerogative, giacché questa non discende automaticamente da violazioni di forma o di sostanza nell'adozione di un atto deliberativo.

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