Dopo il referendum confermativo del 4 dicembre, che lascia aperte una serie di questioni sugli assetti e sul funzionamento del sistema delle autonomie locali, il professor Luciano Vandelli, per conto di Legautonomie, ha elaborato una proposta equilibrata e obiettiva al fine di promuovere una riforma organica dell’ordinamento delle autonomie locali tenendo conto dei mutamenti avvenuti in questi ultimi anni e delle nuove esigenze di razionalizzazione e modernizzazione delle autonomie locali, ma anche del percorso avviato dallo stesso legislatore. Proposta presentata questa mattina presso la Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri alla presenza del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle Autonomie locali, Gianclaudio Bressa.
La proposta, oltre a valorizzare le Province e il loro ruolo di ‘casa dei Comuni’, prevedendo il completamento dell’ordinamento delle Città metropolitane attraverso la legge per l’elezione diretta del Consiglio, si concentra sulla funzione dei Comuni quali centri di riferimento a sostegno delle loro comunità e degli stessi ambiti territoriali.
Per questo, dunque, e per rispondere alla crisi politica/amministrativa di questi ultimi 10 anni, Legautonomie pone al centro del processo l’amministratore locale che, per un corretto svolgimento delle sue funzioni, deve inevitabilmente riacquisire un ruolo da protagonista.
Formazione qualificata e diffusa, consapevolezza delle sue funzioni e delle sue responsabilità: l’amministratore locale deve tornare ad essere fulcro del sistema delle autonomie locali preferendo programmazione e pianificazione alla logica aprioristica del risparmio a prescindere in un quadro, tra l’altro, che necessita di un sostanziale irrobustimento delle forme associative anche attraverso l’introduzione di una governance complessiva e funzionale, attenta alla partecipazione attiva dei cittadini a partire dai bilanci partecipati e dalle istruttorie pubbliche.
Queste in sintesi le proposte:
a) Su un piano generale:
1. Riprendere e rilanciare il percorso delle riforme, adeguandolo alle nuove esigenze, eventualmente correggendone alcuni aspetti, ma senza arretramenti sugli obbiettivi di fondo;
2. Mobilitare in questo percorso tutti i livelli del sistema, con valorizzazione delle istanze e delle opzioni delle autonomie, sulla base di un impulso e di un quadro nazionale;
3. Considerare, in particolare, il ruolo dei Comuni capoluogo, delle Città medie e dei Comuni capofila, quali centri di riferimento e collaborazione a favore (anche) degli ambiti territoriali che li circondano (aree vaste, livelli intercomunali, Comuni di minori dimensioni);
4. Superare approcci rivolti prioritariamente al risparmio; il cui conseguimento va certamente perseguito, ma piuttosto come esito del processo e non come premessa;
5. Accompagnare l’attuazione delle riforme con una qualificata a diffusa attività di formazione rivolta sia agli amministratori che ai funzionari locali, coinvolgendo entrambi in questo processo, nel modo più consapevole;
6. Ricostruire l’organicità della normativa sulle autonomie locali, superando la frammentazione di disposizioni specifiche e separate e coordinando complessivamente la disciplina in un nuovo testo normativo organico e coerente;
b) In relazione agli Enti di area vasta:
7. Valorizzare il ruolo delle Province – governate da organi espressi dai Comuni – come “casa dei Comuni”, con funzioni fondamentali prioritariamente rivolte al coordinamento e supporto nei confronti di questi; prevedendo comunque che a queste funzioni altre possano aggiungersene, per conferimento della Regione o per delega da parte dei Comuni;
8. Facilitare e sostenere processi di aggregazione tra più territori provinciali, anche rivedendo e snellendo la disciplina delle relative procedure;
9. Valutare l’opportunità di rafforzare la collegialità nell’esercizio delle responsabilità di governo nelle Province e nelle Città metropolitane, considerato la concentrazione che nella prassi si è prodotta in capo all’organo monocratico (sindaco metropolitano e presidente della Provincia);
10. Semplificare l’organizzazione di governo degli enti di area vasta, eliminando il consiglio e concentrando tutte le funzioni assembleari nell’assemblea dei sindaci, quanto meno nelle Province ove il numero relativamente ristretto dei Comuni consente una composizione dell’assemblea sufficientemente ristretta e funzionale;
11.Completare l’ordinamento delle Città metropolitane, approvando la legge per l’elezione in via diretta del consiglio, secondo il modello previsto dal Tuel per le Province (ripartizione dei seggi con metodo D’Hondt, collegamento delle liste al candidato sindaco metropolitano, da eleggere a doppio turno);
12. Considerare l’opportunità di ripristinare l’impianto originario – e la regola generale - del disegno Delrio, che richiede generalmente la suddivisione del Comune capoluogo in più Comuni come condizione necessaria per la previsione dell’elezione diretta (abolendo l’eccezione introdotta per le Città metropolitane superiori a 3 milioni di abitanti);
c) In relazione alle unioni e alle fusioni di Comuni:
13. Superare l’attuale disciplina degli obblighi di esercizio associato delle funzioni fondamentali, abolendo limiti demografici e coinvolgendo i Comuni e le Aree vaste in un procedimento partecipato e sostenuto;
14. Prevedere che entro un determinato termine (es. 6 mesi) le Aree vaste (in assemblea dei sindaci o conferenza metropolitana) definiscano gli ambiti per l’esercizio associato delle funzioni comunali. Le opzioni vengono recepite dalla Regione, che delibera anche in via sostitutiva nei casi in cui il termine sia scaduto senza esito;
15. Entro un ulteriore termine, i Comuni deliberano la forma preferita. La forma è retta da grande flessibilità (unione, convenzione, consorzio), mentre è fondamentale che siano conseguiti determinati standard di unificazione di strutture, funzioni e servizi (a partire da quelli di amministrazione generale, contabilità e bilanci, contratti, personale);
16. Accordi approvati in sede di Conferenza unificata definiscono criteri e standard di unificazione “rinforzata”, cui sono collegate la concessione di specifici contributi, la riserva di quote nel riparto dei fondi nazionali ed europei e una deroga al patto di stabilità (per un tempo limitato, ad es. per 3 anni);
17. Ugualmente, accordi di questo tipo individuano i criteri per comporre le task force, gruppi tecnici (cui partecipano esperti di Stato, Regioni, Città metropolitane, Province), chiamati a coadiuvare l’elaborazione di un piano industriale della forma associativa, con gli atti necessari, in particolare in riferimento alla nuova organizzazione, all’integrazione di uffici e servizi, al personale, ecc. I medesimi gruppi tecnici coadiuvano il percorso di coinvolgimento di organizzazioni economiche e sociali;
18. Al fine di rafforzare la legittimazione democratica e l’autorevolezza della governance associativa, poi, si può pensare alla introduzione di modalità che consentano agli elettori di esprimere opzioni (anche) per la forma associativa (secondo i metodi del c.d. fléchage);
19. In un quadro di irrobustimento delle forme associative, qualche riflessione può meritare anche l’allocazione delle risorse, tendendo a superare la modestia delle risorse di cui esse dispongono, anche prendendo in considerazione ipotesi di forme associative “a fiscalità propria” (tenendo conto dei risultati desumibili, in particolare, dall’avanzata esperienza francese);
20. In questo disegno e in questo processo, perseguire e sostenere particolarmente le fusioni, come obbiettivo primario del piano di riordino elaborato dalle Aree vaste, con i metodi e i supporti sopra indicati. Rafforzando i meccanismi di incentivazione e prolungando la deroga al patto di stabilità (che potrebbe essere portata ad una durata, quanto meno di 6 anni);
21. Valorizzare, nel quadro del percorso e dei supporti sopra accennati, azioni di informazione, ascolto e sensibilizzazione che coinvolgano, territorio per territorio, amministratori, stakeholders, cittadini, illustrando opportunità, economie di scala, miglioramento dei servizi, benefici che le aggregazioni e le fusioni possono conseguire per la comunità e per le imprese;
22. Valutare l’opportunità di introdurre anche in Italia – sulla base della positiva esperienza francese - forme di governance che rendano possibile, per un certo periodo, la conciliazione tra l’istituzione di un nuovo Comune, esito di un processo di fusione, e la considerazione delle identità preesistenti; mantenendo, nei Comuni fusi, un nucleo di compiti e funzioni di prossimità, a partire da quelli più simbolici, come i matrimoni;
d) In relazione alle forme di partecipazione ed al ruolo di circoscrizioni e zone:
23. Diffondere le esperienze di democrazia partecipativa, dalle “istruttorie pubbliche” ai “Town meeting”, dai “progetti partecipati” ai “laboratori di urbanistica”, dai “bilanci partecipati” alle collaborazioni tra cittadini e amministrazioni “per la cura dei beni comuni”, sino ai procedimenti per l’elaborazione di piani strategici. In questo senso, sono da estendere all’intero territorio nazionale – tramite un accordo in Conferenza unificata o, per certi versi, configurandosi come funzioni fondamentali dei Comuni – gli orientamenti e le positive misure di sostegno adottati in alcune legislazioni regionali (a partire da quelle della Toscana o dell’Emilia-Romagna).
24. Nell’esercizio di queste forme di partecipazione, affidare un ruolo ai consigli di circoscrizione o di zona; che in questo senso possono ritrovare – anche in città medie - un ruolo rilevante, nella analisi e nella elaborazione delle politiche di prossimità che riguardano singole realtà del territorio comunale; e) In relazione ai profili finanziari e alla gratuità di cariche istituzionali:
25.Definire un sistema coerente rispetto ai principi sanciti dall’art.119 Cost. e della legge sul federalismo fiscale, stabilendo una adeguata correlazione tra funzioni assegnate ad ogni soggetto e risorse per farvi fronte, e migliorando la prevedibilità e la certezza delle entrate disponibili.
26. Infine, superare – nonostante i profili di impopolarità – il conferimento di compiti impegnativi e responsabilità a titolo completamente gratuito, ristabilendo per ciascun incarico una correlazione tra il carico di impegno e responsabilità e un (sobrio) ristoro economico; magari vietando ogni cumulo, in modo che ciascun interessato possa esercitare una propria ragionevole opzione (tra indennità metropolitana, ad esempio, e indennità comunale; ma la medesima logica potrebbe applicarsi agli incarichi nelle forme associative).
Qui il link al documento integrale.
Fonte: Legautonomie.
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