I punti principali del parere del Consiglio di Stato sulla dirigenza pubblica
Considerazioni generali
1. Premessa.
Il Consiglio di Stato ha adottato il parere sullo schema di decreto legislativo riguardante la dirigenza pubblica, che prevede, in particolare, la creazione di ruoli unificati e coordinati statali, regionali e locali e l’eliminazione della distinzione in due fasce separate, per assicurare una maggiore mobilità verticale e orizzontale nel conferimento degli incarichi dirigenziali.
2. Condizioni indefettibili per la riforma.
Nel parere espresso dalla Commissione Speciale di Palazzo Spada sono state poste in rilievo le condizioni indispensabili per il funzionamento effettivo della riforma, partendo dalla questione finanziaria. Il Consiglio di Stato ha, infatti, espresso perplessità sulla circostanza che una riforma così rilevante sia stata approvata con invarianza di spesa.
Tra le condizioni necessarie per assicurare che il rapporto di lavoro dei dirigenti venga disciplinato nel pieno rispetto dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, vi sono precise regole che devono assicurare:
- procedure e criteri di scelta del dirigente oggettivi, trasparenti e in grado di valorizzare le specifiche professionalità e competenze acquisite nell’ambito dei molteplici settori in cui le pubbliche amministrazioni operano;
- durata ragionevole dell’incarico che, evitando incertezze sul regime del rapporto di lavoro, consenta al dirigente di perseguire, con continuità, gli obiettivi posti dall’organo di indirizzo politico, consolidando l’autonomia tecnica propria del dirigente stesso, ed evitando i pericoli di una autoreferenzialità che mal si concilia con la responsabilità dell’autorità politica di fissare obiettivi;
- modalità di cessazione degli incarichi soltanto a seguito della scadenza del termine di durata degli stessi, ovvero per il rigoroso accertamento della responsabilità dirigenziale.
Nel parere si esprimono perplessità anche in ordine alla composizione della Commissione per la dirigenza, a cui lo schema di decreto assegna delicate funzioni di garanzia che presiedono all’intero procedimento di conferimento e revoca degli incarichi dirigenziali. In particolare, da un lato si rileva come alcuni componenti non siano del tutto indipendenti dagli organi politici; dall’altro, si evidenzia che la Commissione stessa, per come è costituita, non è grado di assicurare un impegno a tempo pieno dei suoi membri nell’espletamento delle delicate funzioni ad essi assegnate.
Il Consiglio di Stato ha infine posto in rilievo come la riforma sia priva, per previsione della legge delega, di nuovi sistemi di valutazione della dirigenza - la cui mancanza rischia di compromettere la funzionalità dell’intero impianto, nonché dei principi per la fissazione degli obiettivi da parte dell’autorità politica.
Con riferimento a questi ultimi due aspetti è apparso evidente che senza la concomitante adozione di norme sugli obiettivi e sulla valutazione, è impossibile che gli altri aspetti della riforma della dirigenza possano coerentemente funzionare. In proposito il Consiglio di Stato rileva che l’annunciata riforma generale del pubblico impiego dovrebbe essere meglio coordinata con questo provvedimento, e suggerisce altresì di valutare possibili correttivi alla norma primaria di delega.
Rilievi sulle singole disposizioni.
1. Sistema della dirigenza pubblica (art. 13 bis).
1.1. La creazione dei ruoli dei dirigenti regionali e locali deve avere preceduta dalla una intesa forte con il sistema delle Conferenze Stato-Regioni o Conferenza unificata, con previsione di un meccanismo collaborativo per pervenire, in ogni caso, ad una decisione finale.
1.2. La previsione secondo cui la gestione dei tre ruoli spetta al Dipartimento della funzione pubblica deve essere integrata, per ragioni di conformità con la legge delega, con la specificazione che deve trattarsi di gestione “tecnica”.
2. Accesso alla dirigenza (art. 28).
2.1. Il rapporto tra corso-concorso e concorso deve essere rivisto in quanto si fonda la regola di preferenza per il primo non sul dato oggettivo del rapporto “posti fissi” e “posti disponibili” ma sul dato soggettivo costituito dal giudizio del Dipartimento della funzione pubblica, basato sul presupposto, peraltro di non chiaro significato, della sussistenza di «esigenze non coperte dalla programmazione triennale».
2.2. Deve essere eliminata la possibilità che, con il consenso della relative amministrazioni, si possa consentire che con il corso-concorso e con il concorso possa essere reclutato personale della «carriera diplomatica», della «carriera prefettizia» e delle «autorità indipendenti».
3. Corso-concorso per l’accesso alla dirigenza (art. 28 bis).
3.1. E’ necessario chiarire se per l’accesso al corso-concorso occorra anche un titolo post-laurea.
3.2. Non ha fondamento nella legge delega la previsione che ai vincitori del concorso, immessi in ruoli come funzionari, possa essere attribuito, dopo un certo periodo, un incarico dirigenziale «senza l’espletamento della procedura comparativa».
4. Concorso per l’accesso alla dirigenza (art. 28 ter).
La previsione secondo cui dopo tre anni di servizio i vincitori del concorso sono sottoposti ad un esame di conferma da parte di una commissione nominata dalla Commissione per la dirigenza statale deve essere completata mediante la puntuale declinazione della composizione di questo organismo e dei criteri che ne devono guidare il giudizio.
5. Scuola nazionale dell’amministrazione (art. 28 quinquies).
5.1. Si è rilevato come l’impianto complessivo della nuova regolazione sia rimasto fermo ad una visione incentrata su attività didattiche tradizionali mediante la previsione di corsi assimilabili a quelli universitari piuttosto che a forme nuove di formazione teorico-pratica in grado di preparare al meglio i futuri dirigenti della Repubblica.
5.2. E’ necessario chiarire meglio i rapporti tra il Comitato direttivo ed il Comitato Scientifico.
6. Regolamento di attuazione (art. 28 sexies).
Il regolamento di esecuzione relativo alla fase di accesso alla dirigenza nella parte in cui interessa i dirigenti regionali e locali deve essere adottato nel rispetto del principio di leale collaborazione.
7. Commissioni per la dirigenza pubblica (art. 19).
Ai rilievi generali sopra riportati si aggiunga che la legge delega, nella parte in cui prevede che i componenti della Commissione per la dirigenza, vengano “selezionati” non consente, come previsto dalla legge delega, che cinque di essi su sette vengano indicati come componenti di diritto. Tale previsione si pone, inoltre, per i dirigenti regionali e locali in contrasto con le competenze costituzionali spettanti a Regioni ed Enti locali.
8. Incarichi dirigenziali (art. 19 bis).
8.1. Il Consiglio di Stato ha messo in rilievo come il conferimento degli incarichi esterni deve necessariamente essere preceduto dalla verifica, almeno nell’ambito delle domande pervenute, dell’assenza, per profili e competenze, di adeguate professionalità interne alla dirigenza della Repubblica.
8.2. Deve essere meglio chiarito il significato dell’espressione “ferma restando l’appartenenza al Ruolo” in caso di nuovo conferimento dell’incarico che comporta cessazione del contratto costitutivo del rapporto di lavoro a tempo indeterminato all’amministrazione che lo conferisce”.
8.3. Non è compatibile, con il nuovo sistema, il mantenimento del richiamo all’art. 110, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), che prevedere regole particolari di conferimento degli incarichi dirigenziali a soggetti esterni all’amministrazione locale.
9. Procedura per il conferimento degli incarichi (art. 19 ter).
9.1. La previsione che esclude gli incarichi di vertice dall’obbligo della procedura di selezione con avviso pubblico è coerente con la giurisprudenza costituzionale ma non trova rispondenza nella legge delega, che sembra imporre per tutti gli incarichi il rispetto di tale procedura.
9.2. Tra i criteri predisposti dalla Commissione per il conferimento degli incarichi si dovrebbe inserire anche il possesso di specifiche competenze ed esperienze acquisite nell’esercizio delle precedenti funzioni dirigenziali con valutazioni positive.
9.3. Sarebbe opportuno ridurre da cinque a tre la lista dei candidati che la Commissione per la dirigenza preseleziona e sottopone all’amministrazione per il conferimento di incarichi dirigenziali generali.
10. Durata degli incarichi dirigenziali (art. 19 quinquies).
La decisione dell’amministrazione di non rinnovare l’incarico per altri due anni al dirigente, in assenza di valutazioni negative, deve essere adottata all’esito di un procedimento che assicuri il rispetto del principio del contraddittorio che si concluda con atto motivato.
11. Responsabilità dirigenziale (art. 21).
Le indicazioni delle fattispecie che costituiscono, ai fini della responsabilità dirigenziale, «mancato raggiungimento degli obiettivi» devono essere meglio declinate, evitando, tra l’altro, il riferimento a mere violazioni di norme.
12. Regime transitorio (art. 6 dello schema di decreto).
La possibilità di conferire, in via transitoria, incarichi generali agli attuali dirigenti della prima fascia potrebbe essere assicurata non, come previsto, in una misura non inferiore al trenta per cento dei posti disponibili ma in una misura fissa che potrebbe essere fissata al 50 per cento di detti posti.
13. Dirigenti privi di incarico (art. 23 bis).
Si dovrebbe disporre che la collocazione dei dirigenti privi di incarico avvenga ad opera del Dipartimento della funzione pubblica, dopo due anni, previo parere delle Commissioni per la dirigenza, e soltanto in presenza, presso una determinata amministrazione, di posti rimasti disponibili dopo un determinano numero minimo di interpelli non conclusi con la scelta del dirigente.
14. Trattamento economico (art. 19).
Si è rimessa al Governo la decisione in ordine alla possibile rimodulazione verso il basso delle previste percentuali connesse al trattamento accessorio che, nel decreto, sono fissate ad almeno il 50 per cento della retribuzione complessiva.
15. Dirigenza degli enti locali (art. 20).
15.1. Si segna l’opportunità di inserire nel testo una norma di salvaguardia del potere normativo degli Enti locali, avente un fondamento costituzionale.
15.2. Deve essere miglio chiarito il rapporto tra i rapporti tra dirigente apicale di cui al comma 1 e il direttore generale d
15.3. I compiti già propri dei segretari comunali e provinciali non possono essere esercitati dai responsabili degli uffici e servizi.
16. I segretari comunali e provinciali (art. 10 dello schema di decreto).
L’esigenza di una necessaria interpretazione costituzionalmente orientata proprio della disposizione di delega (per altro già ricavabile dal suo stesso tenore letterale) non consente di disciplinare unitariamente e cumulativamente, come nello schema di decreto in esame, situazioni che sono del tutto diverse e disomogenee tra di loro, quali sono quelle: a) dei segretari comunali, collocati in fascia C ed in servizio da almeno due anni effettivi (alla data di entrata in vigore del decreto legislativo in questione); b) dei segretari, collocati in fascia C, ma in servizio da meno di due anni; c) dei segretari collocati in fascia C che alla data di entrata in vigore del decreto legislativo non abbiano ancora assunto servizio; d) dei vincitori delle procedure concorsuali di ammissione al corso di accesso alla carriera avviate alla data di entrata in vigore della legge o del decreto legislativo.
17. Le Autorità amministrative indipendenti (art. 27 ter).
Sarebbe opportuno prevedere ruoli separati per le singole Autorità indipendenti, in ragione della loro diversità per funzioni e compiti, o comunque sezioni speciali che tengano conto delle specifiche competenze di ciascuna di esse.
18. Riparto di giurisdizione e forme di tutela.
A seguito della riforma che prevede procedure selettive per la scelta del dirigente potrebbero porsi nuove questioni interpretative relative al riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e ordinario.
Fonte: Giustizia Amministrativa.
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