Il Consiglio di Stato, nell’Adunanza Plenaria, 25.05.2016 n. 10, si è pronunciato su importanti questioni rilevanti in merito alla giurisdizione delle controversie, definitività dell’accertamento ed ambito di applicazione dell’invito alla regolarizzazione del DURC.
Il documento unico di regolarità contributiva (d.u.r.c.) ha natura di dichiarazione di scienza e si colloca fra gli atti di certificazione o di attestazione facenti prova fino a querela di falso.
Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia avente ad oggetto l’accertamento circa la regolarità del d.u.r.c., quale atto interno della fase procedimentale di verifica dei requisiti di ammissione dichiarati dal partecipante ad una gara; ed invero, in materia di contratti pubblici, il d.u.r.c. viene in rilievo non in via principale, ma in qualità di presupposto di legittimità di un provvedimento amministrativo adottato dalla stazione appaltante (1)
Anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 31, comma 8, d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla l. 9 agosto 2013, n. 98, non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l’impresa essere in regola con l'assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva. L’istituto dell’invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di d.u.r.c. negativo), già previsto dall’art. 7, comma 3, d.m. 24 ottobre 2007 e ora recepito a livello legislativo dall’art. 31, comma 8, d.l. n. 69 del 2013, può operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al d.u.r.c. chiesto dall’impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell’autodichiarazione resa ai sensi dell’art. 38, comma 1, lettera i) ai fini della partecipazione alla gara d’appalto (2).
Qui il link alla sentenza integrale.
(1) Ha chiarito l’Alto consesso che nel caso in cui sorgano controversie su un riscontro negativo in tema di regolarità contributiva, come risultante dal d.u.r.c., si pone la problematica del riparto di giurisdizione in quanto, per un verso, la certificazione prodotta dall’ente previdenziale assume il carattere di dichiarazioni di scienza, assistita da pubblica fede ai sensi dell’art. 2700 c.c. e facente prova fino a querela di falso; per altro verso, tale accertamento si inserisce nell’ambito di una procedura di evidenza pubblica, rispetto alla quale sussiste, ai sensi dell’art. 133 c.p.a., la giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo.
L’Adunanza plenaria ha risolto un contrasto giurisprudenziale che si era formato sul punto.
Una parte della giurisprudenza del giudice amministrativo ha, infatti, affermato che le contestazioni in merito agli errori contenuti nel d.u.r.c. non potrebbero essere esaminate dal giudice amministrativo, sia perché incidono su situazioni di diritto soggettivo, sia perché disvelano un sottostante rapporto obbligatorio, di tipo non pubblicistico (Tar Toscana, sez. I, 14 febbraio 2011, n. 313; Tar Lazio, sez. II, 23 febbraio 2007, n. 1662; Tar Bari, sez. I, 25 gennaio 2005, n. 217). Secondo Cons. St., sez. V, 23 gennaio 2008, n. 147 che il procedimento di rilascio della certificazione di regolarità contributiva ha una sua autonomia rispetto al procedimento di gara ed è sottoposto alle regole proprie della materia previdenziale, della cui corretta applicazione è competente a conoscere il giudice ordinario. Sul punto si v. anche Cons. St., sez. V, 17 maggio 2013, n. 2682 e Tar Bari, sez. I, 12 giugno 2014, n. 714.
A diversa soluzione è pervenuta altra parte della giurisprudenza (Cons. St., sez. V, 16 febbraio 2015, n. 781; Tar Umbria 19 gennaio 2016, n. 25; Tar Lecce, sez. II, 20 dicembre 2014, n. 3144), alla quale l’Adunanza plenaria aderisce, secondo cui rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, adito per la definizione di una controversia avente ad oggetto l’aggiudicazione di un appalto pubblico, accertare la regolarità del documento di regolarità contributiva, ancorché rilasciato da una Cassa Edile, quale atto interno della fase procedimentale di verifica dei requisiti di ammissione dichiarati dal partecipante ad una gara (e, quindi, impugnabile non già autonomamente, ma unitamente al provvedimento conclusivo della fase stessa), atteso che in questo caso il suddetto documento inerisce al procedimento amministrativo di aggiudicazione di un appalto.
A tale conclusione aderisce l’Adunanza plenaria, secondo cui la stessa è giustificata dalla possibilità, per il giudice amministrativo, di compiere un accertamento puramente incidentale, ai sensi dell’art. 8 c.p.a., sulla regolarità del rapporto previdenziale: ciò implica che le statuizioni, adottate sul punto, hanno efficacia esclusivamente in relazione alla controversia concernente gli atti di gara e non esplicano i loro effetti nei rapporti fra l’ente previdenziale e l’operatore coinvolto. L’ambito della cognizione del Giudice amministrativo, in effetti, concerne l’attività provvedimentale successiva e consequenziale alla produzione del d.u.r.c. da parte dell’ente previdenziale: l’operatore privato, nel giudizio instaurato dinanzi all’autorità giudiziaria amministrativa, non censura direttamente l’erroneità del contenuto del d.u.r.c., ma le statuizioni successive della stazione appaltante, derivanti dalla supposta erroneità del d.u.r.c..
Si tratta di soluzione alla quale era pervenuta anche la Cassazione a Sezioni Unite (ord. n. 25818 dell’11 dicembre 2007) secondo cui la giurisdizione, in controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture, appartiene al giudice amministrativo quando venga in rilievo la certificazione attestante la regolarità contributiva, sulla cui base l’Amministrazione abbia successivamente adottato un provvedimento. La certificazione sulla regolarità contributiva dell’impresa partecipante ad una gara d’appalto costituisce infatti uno dei requisiti posti dalla normativa in materia di appalti pubblici ai fini dell’ammissione alla gara, con la conseguenza che la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo perché è costui competente a sindacare la decisione della stazione appaltante inerente alla sussistenza o meno di un requisito utile a partecipare ad una procedura di affidamento di un contratto. Dunque, ciò che consente di affermare la giurisdizione amministrativa è, in definitiva, la diversità del tipo di sindacato compiuto dal giudice amministrativo rispetto a quello effettuato dal giudice ordinario sulla documentazione attestante la regolarità contributiva.
(2) A tali conclusioni era già pervenuta la stessa Adunanza plenaria nelle sentenze nn. 5 e 6 del 29 febbraio 2016, sul rilievo che l’art. 31, d.l. n. 69 del 2013 non ha modificato la disciplina dettata dall’art. 38, d.lgs. n. 163 del 2006: la regola del preavviso di d.u.r.c. negativo (procedura di flesibilizzazione, che consente all’impresa richiedente il rilascio della certificazione contributiva, di sanare la propria posizione, prima della definitiva certificazione negativa), dunque, non trova applicazione nel caso di certificazione richiesta dalla stazione appaltante, ai fini della verifica delle dichiarazioni rese dell’impresa partecipante. Il meccanismo di cui al citato art. 31, comma 8, si applica solo nei rapporti fra ente previdenziale ed operatore economico richiedente, senza venire in rilievo nel caso in cui sia la stazione appaltante a richiedere il d.u.r.c. ai fini della verifica circa la regolarità dell’autodichiarazione.
A supporto di tale conclusione sono addotte una serie di argomentazioni, quali:
a), l’inapplicabilità alle procedure di evidenza pubblica del meccanismo di cui al comma 8 è desumibile dalla lettura complessiva dell’art. 31, d.l. n. 69 del 2013. In effetti, i commi dal 2 al 7 di tale norma contengono un preliminare ed espresso riferimento ai contratti di pubblici lavori, servizi o forniture o, comunque, un rinvio al d.lgs. n. 163 del 2006. Diversamente, il comma 8 non contiene un riferimento di tal genere, né sarebbe possibile desumerlo, in maniera implicita, dal testo della disposizione;
b) la modifica al testo dell’art. 38, d.lgs. n. 163 del 2006 non può essere sostenuta argomentando in merito ad una presunta incompatibilità fra le due disposizioni: in questo senso osta l’art. 255, d.lgs. n. 163 del 2006 a tenore del quale “[o]gni intervento normativo incidente sul codice, o sulle materie dallo stesso disciplinate, va attuato mediante esplicita modifica, integrazione, deroga o sospensione delle specifiche disposizioni in esso contenute”. Il d.l. n. 69 del 2013 contiene, all’art. 31 comma 2, le disposizioni del d.lgs. n. 163 del 2006 che sono state modificate, in conformità alla clausola di abrogazione esplicita di cui all’art. 255 e in tale elenco non rientra l’art. 38, d.lgs. n. 163 del 2006.
Ha dunque concluso l’Adunanza plenaria che consentire la partecipazione ad una gara ad operatori che non possiedono, in materia di contributi previdenziali, i requisiti necessari a prendere parte alla procedura comparativa, ma ne autodichiarano il possesso, comporta due conseguenze evidenti: da un lato, l’operatore potrebbe integrare un requisito indispensabile alla partecipazione solo dopo aver preso parte alla gara ed in seguito al suo esito favorevole, a differenza degli altri concorrenti; dall’altro lato, l’autodichiarazione resa in sede di presentazione dell’offerta sarebbe viziata da una intrinseca falsità, di per sé idonea a giustificare l’esclusione dalla procedura. Inoltre, consentire una regolarizzazione postuma dei requisiti di partecipazione alla gara urterebbe con la impossibilità, affermata anche dalla sentenza di questa Adunanza Plenaria n. 8 del 20 luglio 2014, di perdere i requisiti neanche temporaneamente nel corso della procedura.
Fonte: giustizia-amministrativa.
Nessun commento:
Posta un commento