Pubblicate dal Dipartimento della Funzione Pubblica 8 FAQ, domande e risposte per fare chiarezza in materia di smart working, che di seguito si riportano.
Quando è stato avviato il percorso di superamento dello smart working emergenziale nella Pubblica amministrazione?
Già il 10 marzo 2021, nel Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale siglato a Palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio, Mario Draghi, il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, e i sindacati, si concordava che, “con riferimento alle prestazioni svolte a distanza (lavoro agile), occorre porsi nell’ottica del superamento della gestione emergenziale, mediante la definizione, nei futuri contratti collettivi nazionali, di una disciplina che garantisca condizioni di lavoro trasparenti, che favorisca la produttività e l’orientamento ai risultati, concili le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori con le esigenze organizzative delle Pubbliche Amministrazioni, consentendo, ad un tempo, il miglioramento dei servizi pubblici e dell’equilibrio fra vita professionale e vita privata”.
Quali sono state le tappe successive?
Che cosa prevedono le linee guida per il lavoro agile nella Pa?
Come le amministrazioni pubbliche possono organizzare la rotazione dei lavoratori?
Ogni amministrazione può programmare il lavoro agile con una rotazione del personale settimanale, mensile o plurimensile. Ciò consente di prevedere l’utilizzo dello smart working con ampia flessibilità, anche modulandolo, se necessario, sulla base dell’andamento dei contagi, tenuto conto che la prevalenza del lavoro in presenza contenuta nelle linee guida potrà essere raggiunta anche al termine della programmazione. In sintesi, ciascuna amministrazione potrà equilibrare lavoro agile e in presenza secondo le modalità organizzative più congeniali alla propria situazione, anche considerando l’andamento epidemiologico nel breve e nel medio periodo.
Qual è la disciplina di riferimento del settore privato?
Anche per il lavoro privato la legge di riferimento è la n. 81/2017, secondo cui per l’adozione dello smart working è necessario un accordo scritto tra datore di lavoro e dipendente che stabilisca durata, condizioni del recesso, modalità di esecuzione della prestazione, strumenti tecnologici utilizzati, nel rispetto del diritto alla disconnessione per il lavoratore. Insieme allo stato di emergenza, però, il cui termine è stato posticipato al 31 marzo 2022, è stata prorogata la procedura semplificata per l’accesso al lavoro agile, che non prevede di allegare alcun accordo con il lavoratore e che si basa esclusivamente sulla modulistica (un template per comunicare l’elenco dei lavoratori coinvolti) e sull’applicativo informatico resi disponibili dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Non sono ammesse altre modalità per l'invio della comunicazione.
Anche nel settore privato sono state approvate linee guida per lo smart working?
Sì. Il 7 dicembre 2021 il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha raggiunto l’accordo con le parti sociali sul primo “Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile” nel settore privato. Il protocollo è del tutto simile alle linee guida sul lavoro agile emanate dal Dipartimento della funzione pubblica.
Qual è, adesso, la differenza fondamentale tra il lavoro agile nel settore pubblico e nel settore privato?
Fino al 31 marzo 2022, la differenza fondamentale sta nell’obbligatorietà, per il settore pubblico, dell’accordo individuale, come previsto dalla legge 81/2017, mentre nel settore privato è ancora ammessa la forma semplificata di smart working, senza necessità di accordo individuale.
Che cosa chiedono, dunque, quei sindacati e quelle forze politiche che invocano lo smart working generalizzato nella Pa?
Chi sta invocando lo smart working generalizzato nella Pubblica amministrazione non si accontenta del lavoro agile regolato, strutturato e ampiamente flessibile che è stato disegnato in maniera condivisa e partecipata in questi mesi - attraverso il confronto con i sindacati, e con l’intesa del Governo, delle Regioni, dei Comuni e delle Province - ma chiede il ritorno alla situazione del lockdown di marzo 2020. Allora, con un decreto legge, l’attività ordinaria nella Pa divenne quella in lavoro agile, ma non per tutti i dipendenti. In quella fase drammatica, una parte di lavoratori pubblici, non potendo svolgere smart working per la natura delle loro mansioni, fu costretta a ricorrere all’utilizzo di ferie e permessi pregressi, fino ad arrivare, in alcuni casi, all’esonero dal servizio, continuando a percepire la retribuzione. Per i lavoratori dipendenti del settore privato, invece, nei casi in cui lo smart working non era possibile, si fece massiccio ricorso alla cassa integrazione. L’Italia viveva un’emergenza sanitaria caratterizzata dal dilagare di un virus sconosciuto contro il quale non esistevano vaccini. Per questo il Governo era stato costretto a chiudere tutte le attività e i servizi sull’intero territorio nazionale, tranne quelli essenziali, e a limitare la circolazione delle persone. Oggi, fortunatamente, non siamo più in lockdown e il Paese sta tenendo aperte le sue attività, grazie alla campagna vaccinale e alla strategia del green pass e del super green pass. Il lavoro agile di massa non è più giustificato e ci sono tutti gli strumenti, comprensivi di diritti e di tutele per i lavoratori e per gli utenti dei servizi pubblici, che garantiscono ampia flessibilità organizzativa alle singole amministrazioni.
Fonte: Funzione Pubblica.
Sul punto vedi anche il precedente post Smart working, Funzione pubblica: "Nella Pa già prevista rotazione del personale e ampia flessibilità".
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