La corruzione in Italia è un fenomeno dilagante. E’ per questa ragione che è stata istituita l’Autorità Nazionale Anticorruzione. Tuttavia, dal 2012, anno di insediamento della nuova autorità non si hanno segnali di contenimento del triste fenomeno. Certamente non è colpa dell’ANAC. Semmai la questione attiene alla radicalizzazione delle devianze, ormai ritenute normalità, e del convincimento che tutto ciò sia possibile proprio grazie alla “funzionale” inefficienza del sistema giudiziario.
E’ evidente, infatti, che se il nostro Paese avesse voluto realmente combattere la corruzione avrebbe dovuto iniziare la sua battaglia proprio rafforzando la funzione giudiziaria: assicurando che le denunce di corruzione fossero prese in esame, che quelle fondate portassero all’avvio di processi, che i fatti accertato portassero a condanne effettive. Ma così non è stato. Mentre abbiamo notizia di fatti gravi corruzione acclarata che rimangono impuniti o persino “protetti” da sistemi politici e istituzionali, si apprende di un accanimento nei confronti del sistema amministrativo, come se il dilagare del malaffare dipendesse dalla predisposizione di un modello o di un piano, in formato originale.
Inizia così l'articolo di Santo Fabiano dal titolo Anticorruzione, efficienza ed economicità.
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