Sta creando un certo allarme l'articolo pubblicato oggi dal quotidiano del Sole24Ore Enti Locali & PA dal titolo Dalla riforma Madia rischio esuberi per i dirigenti locali.
L'allarme è creato soprattutto, in merito alla risoluzione del rapporto di lavoro dei dirigenti, dalle conclusioni dell'articolo di seguito riportate: "Nel procedimento di conferimento che in sequenza si apre, il sindaco ha facoltà di scegliere tra tutti gli iscritti al ruolo unico, con la possibilità non troppo remota di escludere con scarne motivazioni i dirigenti poco "organici", i quali, se non ricollocati in tempo utile, vedono reciso il rapporto di lavoro nonostante l'assunzione a tempo indeterminato a seguito di regolare concorso pubblico. Verrebbe dunque a materializzarsi un licenziamento per motivi oggettivi a fronte del quale non è prevista alcuna tutela".
Sul punto occorre però tener conto che nella seduta del 29 aprile il Senato non ha proceduto alla votazione di un ordine del giorno proposto dal sen. Mazzoni, in quanto accolto dal Governo che sembra andare in una direzione diversa, ossia di consentire la risoluzione del rapporto con i dirigenti soltanto a seguito di valutazione negativa. Si tratta dell'Odg. n. G9.103 (testo 2) che si trascrive integralmente.
Il Senato,
in sede di discussione del ddl in oggetto, recante «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche»,
premesso che:
l'articolo 9 reca una delega al Governo per la revisione della disciplina in materia di dirigenza pubblica e sulle modalità di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici;
lo stesso articolo, alla lettera g), fa riferimento ai dirigenti privi di incarico, per i quali è prevista la decadenza dal ruolo unico a seguito di un determinato periodo di collocamento in disponibilità;
non appare chiara la finalità della norma che contrasta, tuttavia, insanabilmente, con il dettato dell'articolo 97 della Costituzione che la stessa Corte (sent. 351/2008) ha ritenuto violato da disposizioni che prevedano l'automaticità della risoluzione del rapporto di lavoro e che prescindano dall'accertamento dei risultati conseguiti;
quand'anche, tuttavia, non dovesse ritenersi invocabile il parametro costituzionale dell'articolo 97 della Costituzione, resterebbe sicuramente violato l'articolo 35 della stessa Carta, il cui rispetto postula che il licenziamento consegua all'accertamento di una qualsivoglia, ma grave, forma di responsabilità a carico del lavoratore;
la risoluzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato (cioè il licenziamento) può ritenersi costituzionalmente compatibile solo se si fonda sull'addebito al lavoratore di gravi inadempienze, inerenti alla violazione dei suoi obblighi contrattuali, ma non se si basa sulla incolpevole mancanza di mansioni da svolgere,
impegna il Governo a valutare la possibilità di prevedere che la risoluzione del rapporto sia possibile solo nei casi in cui il dirigente sia rimasto senza incarico a seguito di rapporto negativo motivato da parte dei superiori.
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