Ai sensi dell’art. 38, comma 2 bis, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, l’essenzialità dell’irregolarità determina in sé per sé l’obbligo del concorrente di pagare la sanzione pecuniaria prevista dal bando, a prescindere dalla circostanza che questi aderisca o meno all’invito, che la stazione appaltante deve necessariamente fargli, di sanare detta irregolarità.
L’art. 38, comma 2 bis, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, non si pone in contrasto con l’ordinamento dell’Unione Europea, in quanto la direttiva 2014/24/UE, non rivestendo la qualifica di “self executing”, non poteva trovare applicazione diretta nell’ordinamento giuridico prima del suo recepimento nell’ordinamento interno.
La nuova disciplina del soccorso istruttorio in materia di appalti pubblici, di cui all’art. 83, comma 9, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nella parte in cui non prevede l’obbligo del pagamento della sanzione nel caso di mancata regolarizzazione, risulta del tutto conforme alla direttiva 2014/24/UE.
(Tar Milano, sez. I, 14 luglio 2016, n. 1423; Pres. De Zotti, Est. Quadri).
Qui il link alla sentenza integrale.
Questo il commento tratto dal sito Giustizia Amministrativa.
La sentenza in commento formula i principi di diritto di cui in massima, pronunciandosi sulle conseguenze della mancata adesione al soccorso istruttorio in materia di appalti pubblici nell'applicazione della disciplina abrogata e del nuovo codice dei contratti pubblici.
Il Tar Milano, con la sentenza segnalata, ha aderito all’orientamento maggioritario formatosi in relazione all’interpretazione dell’art. 38, comma 2 bis, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, come inserito dall'art. 39, comma 1, d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 agosto 2014, n. 114, testo non più in vigore, ma applicabile alla fattispecie in questione, secondo il quale le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio ed implicano, comunque, il pagamento della sanzione pecuniaria, anche nel caso di mancata adesione al medesimo soccorso istruttorio e di conseguente esclusione dalla procedura concorsuale.
Tale conclusione si ricava, innanzitutto, dalla lettera della disposizione normativa, per la quale l’essenzialità dell’irregolarità determina in sé e per sé l’obbligo del concorrente di pagare la sanzione pecuniaria prevista dal bando, a prescindere dalla circostanza che questi aderisca o meno all’invito, che la stazione appaltante deve necessariamente fargli, di sanare detta irregolarità. Solamente quando l’irregolarità non è essenziale, il concorrente non è tenuto al pagamento della sanzione pecuniaria e la stazione appaltante al soccorso istruttorio.
Tale conclusione è giustificata anche dalla ratio di garantire la serietà delle offerte presentate, per favorire la responsabilizzazione dei concorrenti, per evitare spreco di risorse. Il nuovo comma 2 bis dell’art. 38 citato ha, invero, introdotto una sanzione pecuniaria, che non è alternativa e sostitutiva rispetto all’esclusione, ma colpisce l’irregolarità essenziale, in sé per sé considerata, indipendentemente dal fatto che essa venga successivamente sanata o meno dall’impresa interessata.
L’introduzione della sanzione pecuniaria, in caso di irregolarità essenziali nelle dichiarazioni sostitutive, quindi, contribuisce a garantire la celere e sicura verifica del possesso dei requisiti di partecipazione in capo ai concorrenti, in un’ottica di buon andamento ed economicità dell’azione amministrativa, a cui devono concorrere anche i partecipanti alla gara, in ossequio ai principi di leale cooperazione, di correttezza e di buona fede. L’esclusione, invece, consegue all’effettiva mancanza dei requisiti di partecipazione o, comunque, alla mancata regolarizzazione e integrazione delle dichiarazioni carenti (Tar L’Aquila 25 novembre 2015, n. 784).
Ha aggiunto il Tar Milano che, in relazione al paventato contrasto della norma con il diritto comunitario, la direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, nè al considerando n.84, nè agli artt. 56, comma 3 e 59, paragrafo 4, subordina l’esercizio del soccorso istruttorio al pagamento di una sanzione pecuniaria, ma solamente all’osservanza dei principi di parità di trattamento e trasparenza; introdurre un tale obbligo significherebbe, dunque, violare il divieto di gold plating, stabilito dall’art. 1, l. 28 gennaio 2016, n. 11 tra i criteri e principi direttivi per l’attuazione delle deleghe in materia di attuazione delle direttive europee sui contratti e sulle concessioni pubbliche, che impone il divieto di introdurre livelli di regolazione superiori a quelli imposti dalle direttive europee da recepire. Il Tar ha ritenuto, tuttavia, che tale contrasto non potesse ancora ravvisarsi al momento degli accadimenti di cui è causa, atteso che la direttiva 2014/24/UE, adottata il 26 febbraio 2014 e secondo quanto disposto dall’art. 92, entrata in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, avvenuta il 17 aprile 2014, doveva essere recepita negli ordinamenti interni, ai sensi dell’art. 90 della medesima direttiva, entro il 18 aprile 2016. Come chiarito dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. III, 25 novembre 2015, n. 5359; sez. V, 11 settembre 2015, n. 4253; sez. VI, 26 maggio 2015, n. 2660) la stessa, non rivestendo la qualifica di self executing, non poteva trovare applicazione diretta nell’ordinamento giuridico. Pur essendo dotata di giuridica rilevanza, essa non avrebbe potuto, dunque, imporre un vincolo di interpretazione conforme del diritto nazionale tale da stravolgerne il significato letterale.
La nuova disciplina del soccorso istruttorio in materia di appalti pubblici di cui all’art. 83, comma 9, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, risulta emendata proprio nel senso di non prevedere più l’obbligo del pagamento della sanzione nel caso di mancata regolarizzazione.
In tale parte la stessa risulta, dunque, del tutto conforme alla direttiva 2014/24/UE.
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